Ferita profonda
Juventus, lo strazio di Beppe Furino: "Mia moglie morta di coronavirus. Credo di essere l'untore, è tremendo"
Il dramma di Beppe Furino, la gloria della Juventus sconvolto dalla morte della moglie. Un vuoto nella sua esistenza. E il terrificante senso di colpa: Irene Vercellini è morta per il coronavirus. E in una straziante intervista al Corriere della Sera, Furino spieg: "Sono davvero frastornato, è accaduto tutto troppo in fretta". E ancora: "Purtroppo credo di avere fatto da untore, portando a casa il virus. Ci ha preso tutti, in famiglia. Ma mentre noi guarivamo lei cominciava ad avere seri problemi di saturazione. Da quando è stata ricoverata non l’ho più vista. Non dimenticherò mai questo dolore tremendo".
Un mea-culpa toccante, che dà la cifra del senso di colpa lacerante che scuote Beppe Furino. Quando le ricordando che la moglie era anche una apprezzata politica, la bandiera bianconera risponde: "Tanto da tirare dentro anche me. Se sono entrato nel consiglio comunale di Moncalieri l’ho fatto per lei, che amava la politica quasi quanto la Juve". Si dice che fosse più tifosa di lei: "Più di me non è facile, ma era tifosissima, nonché piuttosto accesa nei suoi comportamenti. Era una vera tifosa da stadio, andava nei distinti al Comunale prima che io la convincessi a seguirmi in tribuna. Erano anni meno esasperati di questi, si poteva anche perdere ma non si perdeva il sorriso. Siamo peggiorati, e mi ci metto dentro anche io. Vivo una tensione che non mi apparteneva", ammette Beppe Furino.
Dunque, l'ex calciatore ricorda quando, da piccolissimo, un'altra epidemia lo costrinse a cambiare casa: "Ci furono dei casi di tifo in Campania, nel paese di mio padre, dalle parti di Nola. Andai a vivere per un anno dai miei nonni materni a Ustica. Avevo tre o quatto anni. Allora non avrei mai pensato di diventare un calciatore, a casa mia l’unico tifoso ero io. Ero juventino ben prima di arrivare a Torino, a dodici anni. I primi calci in piazza d’Armi, qualche torneo all’oratorio di Santa Rita e dopo appena un mesetto l’approdo nella mia squadra del cuore, nel Nucleo Addestramento Giovani diretto dal mitico Pedrale. La mia carriera è stata una cavalcata felice, il calcio mi ha dato tutto", conclude con onestà.