King

Carlo Ancelotti, l'inarrestabile: l'ultima clamorosa impresa con l'Everton, era a 3 punti dalla retrocessione...

Giulia Stronati

Chiamatelo King Carlo. Anche se a Goodison Park l'hanno già ribattezzato Il Magnifico. In 370 giorni Ancelotti ha cambiato letteralmente volto all'Everton. Alla data del suo sbarco sulla panchina dei Toffees (21 dicembre 2019) la seconda squadra di Liverpool era a ridosso della zona retrocessione, mentre adesso, dopo l'exploit sul campo dello Sheffield (quarta vittoria di fila), veleggia al secondo posto in classifica. Con tanto di leciti e autorizzati sogni di gloria.

Un derby da titolo con i più ricchi e blasonati cugini dei Reds (primi a +3) che accende la Premier e rende Liverpool la capitale calcistica d'Inghilterra dopo decenni di dominio del duopolio Londra-Manchester. Basterebbero questi dati a certificare l'impresa realizzata finora da Carletto, dato troppo frettolosamente per bollito in Italia dopo la fine dell'avventura al timone del Napoli. E invece risorto Oltremanica, dove è tornato ai fasti del passato. Quando veniva considerato il miglior allenatore al mondo. A distanza di un anno qualcuno all'ombra del Vesuvio magari avrà cambiato idea. Forse era l'organico allestito dalla società azzurra a non essere all'altezza della grandeur ancelottiana e non viceversa.

Anche perché nel Merseyside ha avuto carta bianca sul mercato, spendendo in estate oltre 100 milioni per Allan, Richarlison, Godfrey e Doucourè. Per la prima volta oscurando le operazioni dei rivali cittadini (Liverpool ha ingaggiato solo Thiago Alcantara per 25 milioni, anche perché per Klopp era difficile migliorare una rosa che vale oltre 1 miliardo di euro e capace di centrare Champions e Premier nell'ultimo biennio). Soldi spesi benissimo, dato che ora l'Everton vola anche e soprattutto grazie alle magie di quel James Rodriguez, che proprio Carlo voleva a Napoli. De Laurentiis non lo ascoltò e preferì ingaggiare Lozano, che però mal si adattava al 4-4-2 del tecnico emiliano e i risultati si sono visti.

Non solo: al San Paolo Ancelotti voleva portare anche Zlatan Ibrahimovic, artefice principale della rinascita del suo Milan. Acqua passata. Anche se non può essere un caso che i destini del Diavolo e di Carletto viaggino ancora in parallelo. Chissà, magari a maggio avranno entrambi qualcosa da festeggiare. Con l'Everton Ancelotti, a 61 anni suonati, vive una seconda giovinezza da allenatore. E il bello viene adesso. Stasera alle 21 Carlo ospiterà guardando dall'alto in basso in classifica il Manchester City di Pep Guardiola (premiato ieri a Globe Soccer come il tecnico del secolo), staccato anche se solo di tre punti. Comunque vada, le premesse sono quelle di un successo, perché l'obiettivo dei Toffees a inizio stagione era quello di lottare per un posto in Europa League e provare a tornare nelle competizioni internazionali nel giro di 2/3 anni.

Ancelotti si conferma l'highlander della panchina nel campionato più bello del mondo, dove non mancano autorevoli colleghi. Da Klopp a Guardiola passando per i giovani Arteta e Lampard fino allo storico avversario Josè Mourinho. Lo Special One però non se la passa benissimo, ha fatto 2 punti nelle ultime 4 e ieri il suo Tottenham, in vantaggio all'1', è stato ripreso all'86' dal Wolverhampton (1-1), relegandolo al quinto posto a -6. Carlo "the Magnifico" invece con l'Everton pare aver trovato l'elisir di giovinezza, la ricetta per costruire squadre vincenti la sapeva già a memoria, serviva solamente capitare in un ambiente che gli desse, ancora una volta, piena fiducia.