L'intervista

Maurizio Sarri, Giovanni Galli: "Lo ho inventato io. Quando ai tempi dell'Hellas Verona..."

Davide Locano

«L' ho inventato io», recita la più celebre frase di Pippo Baudo, uno che fa sempre bene citare nei giorni dell' orgia sanremese capace di contagiare pure Cristiano Ronaldo. Maurizio Sarri invece ha testa solo per Verona-Juventus (ore 20.45, diretta Dazn), una partita speciale per l' allenatore che all' Hellas visse una delle sue prime grandi occasioni senza riuscire a sfruttarla (un pari e cinque sconfitte prima dell' esonero). Con il senno di poi, però, Giovanni Galli - che faceva il ds e lo chiamò - avrebbe tutto il diritto di urlare: «Maurizio l' ho inventato io». La scelta di Sarri fu la prima decisione presa alla guida dei veneti dall' ex portiere di Fiorentina, Milan, Napoli, Torino, Parma e Lucchese, chiamato a risollevare l' Hellas a fine 2007 dal Conte Pietro Arvedi. «Non ho nessuna rivalsa da prendermi, anche perché la tifoseria di Verona è meravigliosa. La squadra era retrocessa, cercai di cambiare gli interpreti per portare aria nuova. Il mio obiettivo era iniziare a costruire qualcosa per il futuro, perché Verona meritava una squadra di cui innamorarsi». Galli, perché pensò a Sarri per sostituire Davide Pellegrini, poi richiamato fino al vittorioso play-out con la Pro Patria? «Avevo giocato contro di lui in C2 con la Florentia Viola. Mi colpì questo allenatore un po' burbero, sempre con la sigaretta in bocca, costantemente agitato in panchina. Iniziai a seguirlo, un po' come si fa con i giocatori. Mi piaceva l' identità che dava alla sua squadra, pensai che Verona potesse essere un trampolino importante per entrambi». Purtroppo andò male. Come mai? «Nel mercato di gennaio arrivarono diversi giocatori ma, come spesso accade, indietro di condizione. In più serviva tempo per apprendere le idee di Maurizio. Dopo alcune sconfitte il presidente - forse fomentato dagli stessi personaggi responsabili della Serie C - iniziò a fargli la guerra e lo esonerò. Siccome penso che uno debba dimettersi quando fallisce un obiettivo, me ne andai anche io senza scaricare la colpa su nessuno». Come si dice, la storia le ha dato ragione su Sarri... «In lui rivedevo il percorso di Arrigo Sacchi, l' allenatore che ha più inciso negli ultimi 30 anni. Il nostro Milan portò una rivoluzione concettuale. Ritenevo che Maurizio fosse l' allenatore giusto per fare dell' Hellas una squadra da ricordare. Per paradosso, se non avessi preso Sarri avrei cercato Zeman». Una cosa è certa: Zeman oggi non sarebbe alla Juve. Dove possono arrivare i bianconeri? «Nel calcio ho imparato a stare attento a dire "mai" (ride, ndr). La Juve è a un bivio, e forse è un po' in ritardo sul percorso. Avrebbe dovuto già compiere quel cambiamento radicale che mette a disposizione della squadra il talento del singolo». È più duro imporsi in uno spogliatoio di campioni e per di più con CR7? «Anche Arrigo Sacchi aveva tanti campioni nel Milan... La differenza è che questo gruppo ha vinto otto scudetti, "perché serve cambiare?". È lì che deve incidere la personalità dell' allenatore. Altrimenti, come è successo con l' Ajax l' anno scorso, quando mancano due giocatori regali la partita agli avversari. Questo voleva la proprietà della Juve scegliendo Sarri: non avere mai il dubbio di poter vincere una partita, a prescindere dalle assenze». Il Verona invece assomiglia tutto a Juric. La sorprende? «Sono contento per la piazza e per l' allenatore che è stato mio compagno di corso a Coverciano. È fumantino, ma molto preparato e bada a tutto. A Mantova ha fatto bene, poteva bruciarsi dopo il Genoa e invece a Verona ha sfruttato l' occasione con un calcio propositivo e divertente. Ha già fatto incassare tanti milioni al suo presidente, ma i giocatori già venduti hanno dimostrato di essere ancora concentrati: la risposta contro la Lazio è stata positiva». E il futuro di Giovanni Galli? C'è chi fa il suo nome per le elezioni in Toscana... «Ancora politica? No no. Mi dedico allo scouting tra Allievi, Primavera e Serie D. Ho un database di ragazzi seri e che hanno la testa sulle spalle. Non faccio il procuratore, ma propongo alle famiglie di aiutare i giovani a non disperdere il loro talento». di Francesco Perugini