Mister biancoceleste
Lazio, la rivincita di Simone Inzaghi: l'uomo in più che suona la sveglia a Claudio Lotito
Se fossero due centravanti sarebbero certamente i gemelli del gol. Dalla panchina, invece, si fa presto a chiamarli gemelli di strategia. Gian Piero Gasperini e Simone Inzaghi appartengono a due diverse generazioni di allenatori (61 anni il primo, 43 il secondo) ma hanno in comune un modo di intendere il calcio che a livello tattico è un inno al pallone all' italiana, con una difesa a 3 con ritmi alti e gioco fisico, ma a livello tecnico esprime una qualità verrebbe da dire di stampo iberico. Certo, il modulo lo interpretano con una chiave diversa. La Dea gioca con un doppio trequartista, i biancocelesti con un centrocampo più folto e di palleggio. Ma se nelle ultime tre stagioni hanno avuto così tanto successo è per via di un assetto che abbina spregiudicatezza e ordine. L' Atalanta, con l' eliminazione dall' Europa League e con qualche cessione illustre di troppo, sembrava aver chiuso un ciclo, breve ma intenso. La Lazio, dopo aver sfiorato la qualificazione in Champions lo scorso anno, è calata nella costanza di rendimento ma è arrivata in fondo ad una competizione a cui storicamente tiene molto. Gli orobici sono a un gol da quota 100 gol in stagione, i romani nel 2017-18 hanno superato addirittura i 120. La finale "del bel calcio" in realtà tradisce un po' le attese. La partita a scacchi giocata dalle panchine diventa ben presto aggressiva, intensa e nervosa. Del resto, un trofeo in palio non è mai roba da poco. Gasp in bacheca in carriera ha messo solo un Torneo di Viareggio; Inzaghi la Coppa Italia l' ha vinta sia da calciatore che da allenatore della primavera, ma stavolta soffre una certa pressione addosso all' idea di poter diventare il tecnico più vincente della storia biancoceleste dopo Eriksson (prima di questo trionfo aveva già messo una Supercoppa in tasca). Gasperini e Inzaghi hanno in comune anche un' altra caratteristica non da poco: l' incertezza. L' ex Genoa già in tempi non sospetti aveva palesato un po' di insofferenza per via di alcune scelte societarie e di mercato, è da tempo accostato a grandi club e potrebbe ben presto ritrovarsi di nuovo a Roma, ma non per la Coppa nazionale, bensì per allenare l' altra squadra della Capitale, che dirà addio a Ranieri per la seconda e (forse) ultima volta. Inzaghi è stato considerato a più riprese l' erede naturale di Allegri sulla panchina della Juve, anche se il momento del grande salto non sembra ancora arrivato. Allo stesso tempo, però, alla Lazio si respira aria di rivoluzione. I tanti infortuni patiti nel momento chiave della stagione giocata su tre fronti e la posizione in classifica non proprio soddisfacente hanno condizionato le prestazioni della squadra, e anche se il successo in Coppa Italia vale in un colpo solo il quinto trofeo dell' era Lotito e la qualificazione in Europa League, la certezza di riuscire a superare le incomprensioni ancora non c'è. di Daniele Dell'Orco