Così no
Inter, non soltanto Zaniolo e Gabigol: ecco tutte le scemenze dei nerazzurri
Il problema dell' Inter non è il fatto che un giocatore chieda di essere ceduto, semmai che lo faccia uno dei leader della squadra, ovvero Ivan Perisic. Un calciatore su cui Spalletti e la società hanno investito: il primo schierandolo sempre titolare anche in tempi di crisi di prestazioni, la seconda rinunciando alla sua cessione un estate fa (lo United offriva più dei 40 milioni oggi richiesti) e rinnovandogli il contratto come atto di fiducia. Una fiducia che Perisic ha tradito (in 25 presenze, appena 3 gol e 5 assist) in un atto di puro egoismo (lo è impuntarsi nel bel mezzo della stagione): così il cammino dell' Inter che pareva finalmente in discesa, si è d' un tratto fatto di nuovo impervio. Se non è solido un architrave della rosa come Perisic, è normale che vacilli l' intera impalcatura. Il suo non fu un acquisto sbagliato, anzi, considerando la cifra pagata al Wolfsburg (19 milioni nell' estate 2015) e la valutazione odierna (40 milioni, più del doppio), è stata una discreta intuizione. Leggi anche: Inter, per Spalletti 48 ore da psicodramma La cessione del croato, che con ogni probabilità si consumerà in estate (perché l' Arsenal, unico interessato, nel frattempo ha virato su Denis Suarez del Barcellona), garantirà all' Inter una plusvalenza a bilancio, ma non ripagherà la società e Spalletti del tempo perso per trasformarlo in un leader. Perisic appartiene infatti alla categoria di giocatori che l' Inter aveva identificato come pilastri della squadra ma che poi non hanno saputo sopportare il peso della responsabilità. Il prossimo candidato è Nainggolan, finora incapace di ripagare l' investimento dell' Inter, che è stato doppio: economico, visti i 38 milioni di euro, ma anche "umano", considerando la cessione di Zaniolo alla Roma per appena 4,5 milioni. L' inversione dei valori (quello del belga sta calando, quello del 19enne giallorosso è impennato fino a 40 milioni) sottolinea l' errore della società nerazzurra. L' impegno di Suning e i recenti ottimi affari chiusi da Ausilio come De Vrij, Skriniar, Asamoah e Politano, sono il motivo per cui nonostante i numerosi investimenti fallimentari la squadra è in crescita: non va infatti dimenticato che è saldamente terza in classifica, ha ben figurato in Champions e ha una rosa all' altezza per la Coppa Italia (domani alle 21 il quarto con la Lazio) e l' Europa League. Però è vero anche che i soldi spesi male sono un fardello che impedisce alla squadra di spiccare il volo. I 66 milioni complessivi sborsati nell' estate 2017 per il riscatto di Gagliardini, Dalbert e Vecino si sommano ai 95 milioni della sessione precedente per Joao Mario, Gabigol e Candreva. Nessuno di questi giocatori è diventato un perno della squadra. Gabigol, poi, è diventato l' emblema del "peccato di gioventù" di Suning, che nei primi mesi si affidò ai consigli nefasti di Joorabchian: esistevano infiniti modi per spendere meglio quei 30 milioni. Nell' annata 2015/16 furono invece investiti 83 milioni per meteore come Kondogbia, Shaqiri, Jovetic, Felipe Melo ed Eder, a cui si sono sommati errori di valutazione come il mancato riscatto di Telles ad 8,5 milioni, che oggi vale più del doppio, considerando anche i 21 milioni spesi in seguito per Dalbert. L'Inter oggi, in una certa misura, paga dazio ad una serie di scommesse perse: non avendo un nucleo solido, patisce più del dovuto gli scossoni. Per via dei vincoli imposti dall' Uefa, i soldi a disposizione negli ultimi anni non sono stati infiniti, ma nemmeno così pochi. Bastava non sprecarli per velocizzare la crescita dell' Inter. di Claudio Savelli