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Malagò: "Contro i violenti tolleranza zero"
Roma, 28 dic. - (AdnKronos) - "Condivido l'opinione di Gravina: sarebbe stato sbagliato non giocare. Fermare il campionato avrebbe rappresentato una sconfitta ulteriore, una resa". Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, commenta all'Adnkronos la decisione del presidente federale di far disputare il prossimo turno di serie A, in programma sabato, dopo i disordini di San Siro e la morte di un ultras. E in caso di cori razzisti, aggiunge Malagò in riferimento all'episodio che ha visto protagonista Kalidou Koulibaly, "l'arbitro deve avere la facoltà, oltre di sospendere, di poter chiudere la partita". "Bisogna far sì che non ci sia una distribuzione dei ruoli tra più soggetti", dice riferendosi alla norma attuale secondo cui solo il responsabile dell'ordine pubblico può decidere l'interruzione delle partite dopo i primi richiami dell'arbitro e dello speaker. "Una volta sentito il coro, si va tutti a casa, in un modo o nell’altro deve essere così. Capisco che è indispensabile che sia il questore a valutare, ma non si può nemmeno disattendere davanti a un dato di fatto". Malagò si dice poi d'accordo con il tecnico del Napoli, Carlo Ancelotti: "Portare via la squadra per i cori razzisti sarebbe stata una bella idea. Ma ancora di più avrei adorato se, come ha detto Vecchioni in un'intervista, fosse stato Icardi (capitano dell'Inter, ndr) a dire ritiriamo la squadra, perché questo è il vero messaggio della cultura sportiva". D'altra parte, contro i violenti "serve tolleranza zero, serve una legge che vada oltre il concetto di Daspo. Il modello è quello dell'Inghilterra e della Thatcher, bisogna avere il coraggio di chiudere con un certo tipo di elasticità, disponibilità". "Ormai - continua Malagò - è evidente che fuori dallo stadio c'è una dinamica che non si riesce a fermare", evidenzia il capo dello sport italiano, sottolineando anche "il danno di immagine" causato dai violenti nel primo 'Boxing Day' della serie A. "Tutto questo - dice - non fa che depauperare il prodotto". Per Malagò, non aiutano nemmeno le continue polemiche dei presidenti e anche da questo punto di vista l'Italia è ancora distante da altri paesi. "Anche questa è una dinamica tutta italiana. Cerchiamo di emulare la Premier League con il boxing day ma in Inghilterra vedete mai un presidente che fa un'intervista prima o dopo la partita? Lì c’è un manager che fa gli interessi dei club. Da noi la filosofia, a torto o ragione, è rappresentata da un padre padrone che ritiene di fare spesso discorsi di parte per difendere i propri interessi". N°1 DEL CONI CONTRO LA RIFORMA - Il numero uno del Coni conferma poi la volontà di fare un passo indietro se la riforma del Comitato olimpico inserita nella manovra resterà inalterata: "Se non cambiano le leggi - assicura - non ci sarà un altro mio mandato da presidente del Coni". "Dimettermi prima di Tokyo 2020? Non tradisco i miei atleti. Ma trovatemi un solo atleta o tecnico, salvo quelli diventati politici, che ha detto che questa cosa gli piace", ha sottolineato il presidente del Coni, certo però di una cosa: "Oggi mi sento di dire che lascerò il Coni in modo migliore rispetto a come l'ho trovato". "La riforma del Coni uno spot elettorale del governo? Non lo so - continua Malagò -, in molti dicono questo. Se fosse questo il motivo, la mia opinione è che diventerà un boomerang tremendo. Alla nostra base questa cosa non è piaciuta e non piacerà mai". "All’inizio - ha aggiunto riferendosi al momento in cui è stata annunciata la riforma - mi sono quasi sentito male. All’atto pratico non c'è una cosa cambiata in meglio, solo in peggio. È la politica. Oggi non sono neanche più arrabbiato, sono sereno perché penso che abbiamo fatto il possibile di fronte a una cosa non giusta. Noi restiamo convinti che diventerà un boomerang, ma io sono pronto a collaborare perché non voglio tradire il mio mondo". Poi l'affondo al governo: "E' stata una volontà precisa dei 5 Stelle e del sottosegretario Simone Valente quella di lasciare il nome 'Sport e Salute'. Solo il cambio del brand costerà 5 milioni di euro... Faranno fatica a vendere questo brand 'Sport e Salute' visto che è un nome così inflazionato", aggiunge il capo dello sport italiano, che poi risponde così a chi domanda chi vedrebbe bene al vertice della nuova società creata dal governo per sostituire la Coni Servizi: "Consiglierei di aspettare, viste le dinamiche di oggi...". C'è stata una accelerazione per il varo di questa norma? "La spiegazione - continua il numero uno del Coni - è molto semplice, c'è una volontà politica che è andata oltre un discorso di buon senso. Che senso aveva farla da subito? Questo è un quadriennio fai partire tutto da un nuovo mandato". Con i cambiamenti in manovra per Malagò "l'influenza che avrà il Coni a livello internazionale sarà fortemente ridimensionata, ma è una cosa autolesionista per lo sport. Che la politica volesse fare questo è chiaro, l'ho capito, ma deve sapere che ha messo in condizione il paese di essere molto meno credibile a livello internazionale sulle manifestazioni sportive". All'Adnkronos fa anche alcuni esempi: "Senza il Coni il calcio sarebbe stato meno credibile per gli Europei Under 21, lo stesso vale per il volley e gli Internazionali di tennis. Se loro pensano che lo stesso tipo di valore aggiunto lo potrebbero avere con una persona scelta dalla politica, io ho delle perplessità. Tra l'altro - fa notare - la letteratura del paese è piena dei disastri prodotti dalla politica". Poi riguardo l'atteggiamento di alcune federazioni, apparse meno contrarie alla riforma, Malagò precisa: "Sono poche e alcune sono le grandi federazioni. Ma non è che sono d’accordo con la riforma, hanno una interlocuzione diretta per ovvi motivi e pensano di poter avere qualche vantaggio. In realtà non sarà così, perché questo governo ha dimostrato che non ci sono figli e figliastri". Per Malagò, quello che è scritto nella riforma "senza decreti attuativi, non è oggettivamente applicabile. Non è chiaro come si traduca in pratica. Allora fai una vera riforma facendo una legge, modifica il quadro ordinamentale del nostro sistema". "Non per polemica ma non riesco a capire come si possa chiamare riforma, chiamiamolo cambiamento", sottolinea il capo dello sport italiano, dicendosi comunque "contento di avere avuto questo lungo periodo di interlocuzione, perché sedendoci al tavolo abbiamo fatto presenti una serie di istanze, problematiche, perplessità e tra l'altro io avevo un preciso mandato del Consiglio nazionale".