La scalata

Juventus, il piano segreto: una superpotenza economica, a cosa mira Andrea Agnelli

Davide Locano

Il problema del calcio è che non è più solo calcio. Lo abbiamo capito ieri ascoltando le parole del presidente del club più vincente d’Italia, che poi è la Juventus. Dice, Andrea Agnelli, in occasione dell’assemblea degli azionisti che passerà alla storia come «l’assemblea dell’addio a Marotta»: «È stato un anno di forti cambiamenti, sapere che il giocatore più forte al mondo (Ronaldo ndr) sceglie la Juventus è motivo di grandissimo orgoglio (...) Abbiamo deciso di rinnovare la leadership della Juventus. Il modello non cambierà, ci saranno sempre tre pilastri: servizi, ricavi e sport». Chiarissimo: cambio dei vertici (ovvero Marotta e Mazzia), tentativo di vincere la Champions, espansione dei mercati. Su quest’ultimo caposaldo, in particolare, la sensazione è che il club torinese abbia in mente qualcosa che vada oltre la semplice volontà di «fare-bene-calcio» e, invece, intenda anticipare la concorrenza (come per lo stadio di proprietà) e trasformare nel medio periodo la «semplice» società calcistica in una «macchina» più ampia e redditizia, attraverso lo sfruttamento globale di un marchio già riconosciuto in tutto il mondo. Leggi anche: Le mosse delle toghe dietro l'addio di Marotta? Le certezze, però, passano dalle dichiarazioni dello stesso Agnelli, che nega la volontà di formare una polisportiva e chiarisce tanti altri aspetti legati a passato, presente e futuro. Si parte dalla questione Report-Striscioni: «La Juve è stata sanzionata dalla giustizia sportiva per due motivi: il primo aver venduto biglietti superiori al limite consentito dalla legge Pisanu, 4 a persona. Il secondo aver fatto entrare striscioni all’interno dello stadio. Su questi fatti è doveroso un chiarimento. La Juventus rispetta oggi le linee di vendita. Non può essere consentito che la Juventus venga associata a fenomeni di bagarinaggio. D’Angelo non ha fatto entrare “striscioni-canaglia”, come li definisco io, nel derby del 2013. Non lo dico io, lo dice una sentenza della Corte federale di appello. Gli autori di quello striscione sono stati condannati e individuati grazie alle tecnologie dello stadio e sono rei confessi. Ogni altra affermazione è infondata». Si passa dai nuovi «reggenti» all’interno del club e al saluto ai vecchi: «Gli uomini scelti per guidare le aree sono Marco Re, Giorgio Ricci e Fabio Paratici. È doveroso un ringraziamento ai due ad uscenti. Se ci possiamo vantare di avere una sede di fianco allo stadio, uno stadio di proprietà, un centro di allenamento e un albergo lo dobbiamo essenzialmente ad Aldo (Mazzia ndr). Parlare da parte mia di Marotta come professionista è riduttivo. La sua capacità, esperienza e conoscenza sono stati strumentali nella crescita di questa società, anche a lui un forte e caloroso abbraccio». Quindi gli obiettivi: «Vogliamo consolidare la posizione della Juventus come potenza economica e sportiva, continuare a crescere come rilevanza in Cina, Sud Est asiatico e Stati Uniti». Infine i rapporti con Figc e Lega: «Abbiamo tutti lo stesso obiettivo, far crescere il movimento, trionfare in Champions ed Europa League e alzare di nuovo la Coppa del Mondo. Abbiamo bisogno di armonia con una visione strategica di insieme. La Fifa? In questo momento i rapporti sono tesi, mi duole dirlo». di Fabrizio Biasin