Lacrime e pall

Russia 2018, zitti e Mosca. Iniziano i mondiali tristi: la guida per sopravvivere senza Italia

Davide Locano

Le strade di Mosca sono vere e proprie coltellate, ma mica per tutti, solo per noi italiani. Inizia il Mondiale, quello “degli altri” e ogni angolo, piazza, via della città da ben 15 milioni di abitanti è un agglomerato di tifosi, cori, feste improvvisate, delirio purissimo. Inizia il Mondiale e Mosca è pronta, ma non prontisisma: c’è una folla esagerata, le forze dell’ordine locali ti chiedono il pass per accedere “di qua e di là” ma se non ce l’hai fa niente, approfitti della confusione e passi. La celeberrima Piazza Rossa è transennata, preparano il concerto di Placido Domingo (ospite d’onore Putin, e chi altrimenti), ma fa niente se non vedi guglie e ceselli: l’overdose di gioia è ovunque e va bene così. I peruviani sono grassocci e pittoreschi, fanno comunella con gli Arabi (chiassosissimi e in ansia per l’esordio di oggi pomeriggio contro i padroni di casa); ci sono gli argentini che “se la tirano” perché loro hanno “Dio” Messi e «questa volta vinciamo noi»; i messicani spopolano e improvvisano concerti da strada del genere che staresti a guardarli anche dieci minuti (poi basta, che i mariachi dopo un po’ stufano). I SELFIE DAVANTI A MARX Ci sono i russi, ovvio, pallidi e un po’ spaventati: forse non si aspettavano tutto questo casino, ma li vedi che sono felici anche loro perché il Mondiale “a casa tua” ti capita una volta nella vita. I locali sono strapieni, la vodka scorre a fiumi e sembra un luogo comune, ma scorre a fiumi per davvero. I tifosi di Panama, evidentemente, non sono abituati e barcollano abbastanza; quelli egiziani non si fanno grossi problemi e urlano «Sa-lah! Sa-lah». È una festa enorme e gigantesca, perché oggi sono tutti (o quasi) in corsa per il titolo: è la vigilia del Mondiale. Attorno alla statua di Karl Marx mezzo mondo si fa il suo meritatissimo selfie e lo vedi che metà delle persone non sa chi sia il signore barbuto, ma la statua è imponente e poco importa, in fondo le foto nel 2108 non costano nulla. Mosca è un delirio e i colori raccontano la festa dei 32 Paesi qualificati: gli iraniani sorridono beati, i giapponesi sono i più composti e ridono a comando. L’altro luogo comune della “Russia patria delle belle donne” non è affatto luogo comune, al punto che le istituzioni locali hanno avvisato: «Donne russe, non concedetevi ai turisti, il rischio è di ritrovarci come nel 1980, ai tempi delle Olimpiadi in Urss, con un’enormità di ragazze madri». Il messaggio è chiaro ma il dato di fatto è che ci sono ragazzi e ragazze di ogni razza e religione, mica solo russe: avranno un mese per “conoscersi” e far baldoria. Poi, nel delirio, ci siamo noi, gli “emarginati”, un gruppetto di italiani senza vessilli, bandiere, colori e cori. La camminata a Mosca fa male, perché all’improvviso ti rendi conto che la festa inizia per tutti, ma non per i quattro volte campioni del mondo. Siamo i non invitati alla “festa delle medie” e possiamo far finta che «fa niente, passerà», ma oggi è dura perché la gioia degli altri corrisponde alla nostra invidia, delusione, amarezza. E allora cammini in mezzo ai marocchini e agli spagnoli, agli australiani e agli svedesi e ti senti “estraneo”. LA NOSTRA S-VENTURA Già, gli svedesi, ci sono anche loro. Li vedi e pensi al 13 novembre 2017, pensi a Italia-Svezia 0-0, pensi alla maledetta macchina del tempo, pensi che non l’hanno ancora inventata e tutto d’un tratto, nel delirio al sapor di vodka, ti ritrovi a guardare i tuoi compagni di “sVentura”, quelli come te finiti nel posto giusto ma al momento sbagliato, quello “degli altri”. Inizia il Mondiale: speriamo finisca presto. di Fabrizio Biasin