Il commento

Italia e Olanda da rifondare, ma noi siamo messi meglio: ecco perché

Davide Locano

Quello che conta ora è ripartire - il prossimo 7 settembre, contro la Polonia nell’esordio della Nations League - dalla buona prestazione con l’Olanda senza farsi illudere che sia tutto sistemato. Perché la nazionale di Koeman è in piena convalescenza, come l’Italia è fuori dal Mondiale, è scivolata nel ranking (19esimi loro, 20esimi noi), ha giocatori di buona qualità ma quasi nessuno ai massimi livelli internazionali, e ha il dovere di ricostruire. Però non sembra aver ancora capito come fare. La nazionale azzurra, invece, pare lo abbia capito, e abbia cominciato a posare i primi mattoni. La situazione analoga delle due nazionali che si affrontano all’Allianz Stadium rende logico il paragone. E dunque dovrebbe consolarci che tra le due sia l’Italia quella più avanti nel processo di rinascita nonostante Koeman sia sbarcato sulla panchina orange tre mesi prima dell’avvento di Mancini su quella azzurra. L’Italia è messa meglio della “gemella” Olanda, e per ora questo deve bastare, perché non si può pretendere di più. Ha più idee chiare, a partire dal modulo, il 4-3-3, utilizzato da Mancini in tutte e tre le partite. È una scelta dal sapore definitivo, e significa che il ct ha le idee chiare e non ha voluto aggiungere sperimentazioni tattiche ai numerosi azzurri da testare (Mancini ha schierato tutti i 26 a disposizione) e ritrovare: l’ultimo di questi è Zaza, che come Balotelli torna al gol in azzurro a distanza di 4 anni. Considerando la confusione del predecessore Ventura, che iniziò con il 3-5-2 per arrivare al 4-2-4 e tornare infine al punto di partenza, la decisione netta di Mancini è un segnale incoraggiante. Va poi preso atto della crescita dell’Italia lungo le tre partite: con l’Arabia si erano viste buone intenzioni, con la Francia queste intenzioni erano state applicate nonostante l’inferiorità tecnica, con l’Olanda si è visto anche un buon gioco con più continuità, segno che il gruppo segue il ct durante gli allenamenti. Inoltre, si è sommata una certa volontà di vincere, di certificare la crescita con il risultato. E ancora: Jorginho. È stato l’unico giocatore sempre titolare. In sostanza, l’unico davvero imprescindibile. Il ct sa che c’è bisogno di un cardine per ricostruire, ed è indicativo che abbia scelto un giocatore di qualità. È un indizio circa la tipologia di squadra che Mancini vuole costruire: una che possa giocare un buon calcio, perché quest’ultimo è il miglior mezzo per riconquistare il pubblico e un posto sotto i riflettori. Certo, la luce è ancora lontana, ma l’oscurità è ormai alle spalle. di Claudio Savelli