Il futuro di Ringhio

Gattuso, i giorni cruciali: cosa farà del suo contratto dopo il terremoto cinese

Giovanni Ruggiero

In questi giorni (oggi, domani, dopodomani, prima o poi) Ivan Gennaro Gattuso, neo quarantenne, firmerà il suo rinnovo di contratto con il Milan, il «suo» Milan. Ivan Gennaro Gattuso, da poco quarantenne, se ne frega abbastanza dei veleni-cinesi, delle indiscrezioni, dei rumors che vorrebbero i rossoneri a un passo dall' estinzione; Ivan Gennaro Gattuso, come sempre, bada al sodo, mica alle chiacchiere. E rinnova. Sul suo nuovo contratto dovrebbero esserci scritte cose come: «Guadagnerà 2 milioni di euro a stagione, la scadenza viene prolungata all' Anno Domini 2021». Niente male per uno che i più definivano «inadatto». Ecco, appunto, l' inadatto. Dell' inadatto Ivan Gennaro Gattuso, da poco quarantenne, all' epoca del suo insediamento sulla panchina del Diavolo si dicevano cattiverie assortite. «Ci mettono Gattuso? Sono pazzi?», «questo ha allenato a Creta e Pisa: porterà il Milan alla rovina», «Montella verrà richiamato nel giro di tre settimane»,«anche un traghettatore deve avere la sua dignità», «non ha idee, ha solo la grinta». Lo dicevano praticamente tutti. In un pezzo del 27/2/2018 a firma Francesco Perugini, per dire, potete trovare l' elenco dei titoli che prevedevano la tragedia (Libero compreso, sia chiaro). IPSE DIXIT Ebbene, Ivan Gennaro Gattuso, ha lasciato «dire» e «fare», perché in fondo neppure lui poteva immaginare come sarebbe andata e ancora, va detto, non lo sa. La certezza è che nelle sue mani, il Diavolo, dopo un paio di puttanate iniziali (il pari a Benevento, la sconfitta a Verona) ha iniziato a brillare, ha conquistato una finale di Coppa Italia, ha recuperato terreno in campionato, è stato eliminato dall' Arsenal in Europa League dopo aver combattuto e inghiottito bocconi amari (vedi rigore inventato in quel di Londra). In totale ha messo insieme una media di 2 punti per partita, che è la media dei grandi, quella che in genere ti porta spedito in Champions League. A lui, però, come sempre in carriera, tocca affrontare situazioni più complicate e nel caso specifico deve riuscire a realizzare un mezzo miracolo. Sabato affronta la Juve a Torino, «quella» Juve, i super-pluri-mega campioni d' Italia. Sa che per tentare l' aggancio al quarto posto deve fare risultato, sa che in campo ci vorrà la sua grinta (ovvio), ma anche e soprattutto le sue idee e quelle del suo staff (bravo e pochissimo celebrato, a partire dal tattico Gigi Riccio). Ivan Gennaro Gattuso conosce bene la Juve, eccome se la conosce: da giocatore realizzò uno dei suo rari gol proprio a Torino. È il 5 marzo 2011, con i suoi piedoni la butta dentro al minuto 68 e, praticamente, consegna lo scudetto ai rossoneri (vinceranno il tricolore con sei punti sull' Inter post-triplete). Ad oggi, l' ultima vittoria rossonera in casa Juve. Di tutte queste cose, dei ricorsi, del passato, del fatto che prima gli dicevano «fesso» e ora «genio della panchina», dei cinesi, del futuro nebuloso e di tutte le cazzate, a Ivan Gennaro Gattuso frega il giusto, ovvero molto poco. Sapete perché ne abbiamo la (semi) certezza? Per un motivo semplice. Il neo quarantenne «della grinta» e degli stereotipi, l' estate scorsa fece una cosa che nessuno o quasi avrebbe fatto: scelse di «auto-retrocedere» la propria carriera, scelse di seguire l' insegnamento della celebre Susanna Tamaro, andò dove lo portava il cuore, ovvero sulla panchina della Primavera del Milan. Pensateci: voi nei suoi panni lo avreste fatto? SCELTA DEL CUORE Decise di sottoscrivere un contratto da 120 mila euro, che per me e te sono molti, ma per uno abituato da 15 anni a ben altro sono come dire «vengo gratis, lo faccio per me e per il Milan». Oggi Ivan Gennaro Gattuso si riprende tutto con gli interessi ed è la prova vivente che nel mondo delle raccomandazioni e delle frasi fatte, delle conferenze preconfezionate e delle ovvietà, c' è ancora un motivo per credere che lo sport si meriti di più, si meriti gente come Ivan Gennaro Gattuso. Ora la finiamo qua, ben sapendo che ai primi inciampi, alle prime sconfitte, alle prime tribolazioni, tutti quanti noi fingeremo di non aver detto e scritto niente di tutto quello che abbiamo «detto e scritto» e torneremo all' origine, al «non è un tecnico adatto», salvo poi pentirci in caso di nuovi e diversi risultati. Noi saltimbanchi del giudizio siamo fatti così, lui invece no, da quando ce lo ricordiamo è sempre lo stesso, con i suoi pregi, i suoi difetti, il suo credo e la sua coerenza. Ad avercene. di Fabrizio Biasin