L'analisi
Mauro Icardi e Josep Ilicic, fenomeni ma non troppo: sempre alla ricerca della giusta dimensione
L’ultima giornata di campionato è servita a dare nuovo lustro a due talenti antitetici, che in comune hanno il solo fatto di non esprimersi dove potrebbero: Mauro Icardi e Josip Ilicic sono due calciatori diversi, opposti che, chissà, si attrarrebbero se ne avessero l’occasione. Il primo sta dedicando anima e corpo (e gol) alla causa dell’Inter che vuole la Champions, ma intanto rischia di saltare il Mondiale con l’Argentina se Sampaoli non si ricrederà (escluso nell’ultima convocazione). L’atalantino, a 30 anni, sta vivendo la sua migliore stagione, ma il rischio è che Bergamo rappresenti il suo non plus ultra. L’interista, fanatico per l’essenziale con un gol ogni 38,9 tocchi in media, ha superato quota 100 reti in A (a 25 anni e 27 giorni: meglio di Maurito solo Meazza, Piola, Boniperti, Borel e Altafini) grazie al poker alla Samp. Ed è già ottavo nella classifica dei migliori cannonieri nerazzurri di sempre, a soli 10 gol da Bobo Vieri (93 contro 103). Viene da chiedersi cosa riuscirebbe al capitano dell’Inter se giocasse in condizioni differenti: non per forza lontano da Milano, considerando la sorprendente ripresa della squadra di Spalletti a Marassi, ma magari al fianco di Messi nella Selección. L’unico a non porsi la domanda, forse, è il ct dell’Argentina. Se il valore di Icardi si presta perfettamente a una lettura analitica, prescinde dai numeri lo status di Ilicic. Non che lo sloveno dell’Atalanta, a segno con una tripletta nel 5-0 al Verona, sfiguri se si consultano le sue statistiche: con 14 reti e 9 assist tra campionato e coppe, non è solo il miglior marcatore stagionale della Dea, ma è vicino a superare la sua migliore versione, quella del 2015/16 a Firenze (15 reti e 6 assist). Ma, diversamente da Icardi, Ilicic non disdegna il superfluo. Tutto è relativo, tranne il suo sinistro: una sentenza. Dal suo arrivo al Palermo, nel 2010, ha alternato anni buoni a stagioni deprimenti. E oggi si gode la squadra che Gasperini ha costruito (anche) in funzione dei suoi lampi. Il rimpianto, semmai, è che difficilmente lo vedremo misurarsi tra i grandi in futuro, senza delegittimare l’Atalanta spaziale degli ultimi anni (né Fiorentina e Palermo, piazze prestigiose). Un’eresia al pari dell’esclusione di Icardi dall’Albiceleste. di Alberto Neglia