Lo stop con l'Udinese

Il primo tonfo dell'Inter? Biasin, il consiglio spassionato agli interisti che hanno perso le speranze: "Avete due soluzioni"

Giovanni Ruggiero

Vi diranno che è una conseguenza della partita col Pordenone, che il doppio confronto settimanale ha fatto emergere tutti i limiti di una rosa che «è quello che è»; vi diranno che l' Inter è stanca, che è la solita «pazza scatenata»; vi diranno che Thohir porta sfiga (oddio, se fossimo nel Medioevo uno ci crederebbe pure...), che è colpa di una proprietà assente; vi diranno che «tutti i nodi vengono al pettine» e tutta un' altra serie di sentenze da tregenda. Voi potrete fare due cose. 1) Lasciarvi avvolgere dallo sciarpone mediatico che una settimana parla di «Inter da scudetto» e quella dopo di «squadretta» o 2) valutare la prima sconfitta stagionale dei nerazzurri (su 17 partite) per quello che è: una sconfitta. L' Inter di Spalletti perde e lo fa «in grande stile». È il giorno della festa, dei 50mila che cantano «Inter bells», è il giorno del trappolone natalizio, perché l' Udinese di Oddo non è quella di Delneri e ha palle quadrate, perché l' Inter è in uno di quei giorni in cui pensa «in un modo o nell' altro la si vince» e invece no, se non ti ricordi da dove arrivi e soprattutto quello che sei, non vinci un cazzo. L' Inter perde con l' Udinese e non c' è un motivo che prevale sull' altro, se non quello della logica: una squadra costruita seguendo i paletti del fairplay finanziario e che ha sbandierato il suo obiettivo stagionale (il quarto posto), prima o poi deve cadere (altrimenti arriverebbe prima, logico). Il ko è arrivato «poi», ovvero a un passo dal Natale, ma fa male ugualmente. Fa male perché la sensazione è che se Spalletti avesse a disposizione «qualcosa in più» potrebbe ovviare anche ai cali (di tensione, fisici), fa male perché nell' anno delle prime che viaggiano come lippe, ogni sconfitta vale doppio. Il tecnico dell' Inter incassa la mazzata, abbozza, e in conferenza lancia messaggi chiari: «Il gruppo di testa ha fatto un girone d' andata in volata, chi si siede un attimo rischia di essere superato. Il mercato? Deve parlare la proprietà, altrimenti si fa come a giugno: duemila nomi accostati che non abbiamo potuto prendere. Piero (Ausilio ndr) fa il ds, ma è la società che deve dettare le linee guida a livello economico. La squadra è di un certo livello, questo sì, ma durante queste settimane di mercato è inevitabile riunirsi. In ogni caso, abbiamo la forza per arrivare in fondo». Lo dice e ci crede davvero, ma sa perfettamente che un aiuto «dall' alto» male non farebbe. La questione è tutta lì: avere a che fare con una proprietà cinese significa dover accettare il modus operandi all' orientale, un mix di comunicazione a singhiozzo e tempistiche prese alla leggera. Per questo in passato Ausilio è partito per la Cina, per «trattare» (la gente diceva: «Cazzo va a fare a Nanchino? Non basta una telefonata?» No, con i cinesi non basta, è necessaria «l' udienza». E può sembrarvi strano, ma davvero funziona così). L' altro dato di fatto è che le rogne-Uefa non sono ancora terminate: l' Inter al 30 giugno 2018 dovrà chiudere il bilancio a zero. Questo non significa che a gennaio non arriverà nessuno, semmai che si dovranno trovare soluzioni «alla Gagliardini» (prestiti con obbligo di riscatto, ma a patto che si possa arrivare a giocatori davvero «utili»). Quasi ci dimenticavamo della partita, perdonate. L' Inter gioca un gran primo tempo - ci prova, corre, è pimpante -, ma a passare è l' Udinese, bravissima a sfruttare una puttanata in uscita di Santon (Lasagna ringrazia). Il pareggio arriva col 17° gol in 17 partite di Icardi (10° marcatore nerazzurro di tutti i tempi con 95 centri). Nel secondo tempo ti aspetti di vedere la schiacciasassi nerazzurra e, invece, entra in campo la Bianchina di Fantozzi. L' Udinese di Oddo (3 vittorie nelle ultime 4 partite) segna su rigore assegnato con il Var (fallo di mano del disastroso Santon e rete di De Pol) e chiude in contropiede con Barak. Finisce 1-3, al triplice fischio i più educati dicono «Caro presidente Thohir, sia gentile, la prossima volta se la guardi da Giacarta», l' Udinese twitta gioia e legittime prese per il culo («Ehi Pordenone, missione compiuta!»), Spalletti torna a casa e sente il fiato sul collo di quelli che bramano il tipico «crollo interista». Tra sei giorni a Reggio (avversario il Sassuolo) vedremo di che pasta sono fatti i nerazzurri. di Fabrizio Biasin