Le memorie dell'ex dg

Luciano Moggi su Gianni Agnelli: "Carisma inimitabile. Quella volta che mi chiamò a casa sua, e..."

Andrea Tempestini

Amici lettori, è emozionante riavvolgere la pellicola dei propri trascorsi juventini e napoletani e rivivere le immagini di tanti successi. Napoli-Juve è la partita clou della giornata, il San Paolo vestirà l’abito delle grandi occasioni, la città è in fermento, mentre Torino, al solito, è apparentemente più distaccata. Ma si sa: a Torino vinci il campionato e il giorno dopo sei già al lavoro per il prossimo; a Napoli, le feste possono durare anche 12 mesi. Quell’anno che vincemmo lo scudetto, comparse addirittura uno striscione al cimitero: «Che vi siete persi... ». Sono stati anni di soddisfazioni tra Napoli e Torino. A Napoli ho avuto la fortuna di incontrare un grande presidente, Corrado Ferlaino, intenditore di calcio come pochi, un dirigente difficilmente imitabile. Al calcio italiano mancano questi personaggi che oltre a saper amministrare conoscono la materia: i risultati della Nazionale lo dimostrano. Che dire poi di Careca, Bagni, Giordano, Alemao, per non parlare di un genio che aveva nei piedi un grande cervello: Diego Maradona, inimitabile, il migliore al mondo, senza offesa per il grande Pelé. Difettava in professionalità,aveva poca simpatia per Ottavio Bianchi, era però amato dai compagni. Prima di un Napoli-Bologna, Bianchi ebbe febbri altissime e Diego, sparito da tre giorni, appena lo seppe e certo che il mister non potesse sedere in panchina, venne il sabato al campo ad allenarsi: «Dobbiamo vincere per dimostrare a Bianchi che può anche andare al cinema quando giochiamo noi». Finì 3-0, tris di Maradona. Dalla Campania al Piemonte dove la professionalità è d’obbligo, dove impera la Fiat. È la che ho avuto la fortuna di conoscere persone come Gianni e Umberto Agnelli, oltre all’avvocato Chiusano. Assieme a Bettega e Giraudo eravamo un team affiatato e l’Avvocato e il Dottore ci trattavano come figli, dandoci quel senso di protezione proprio di persone di grande caratura. Non nascondo di averne pianto la morte. Qualche giorno prima di andarsene, l’Avvocato chiamò me e Lippi a casa sua e dopo aver parlato per circa un’ora ci congedò: «Chissà se vi potrò rivedere». E grande era il feeling con il Dottore: mi chiamava il Comandante ed io ero felice nel confrontarmi con lui. Con Giraudo eravamo andati a ingaggiare Capello a Milano e al ritorno Antonio disse di chiamare Umberto e comunicargli la firma di Fabio. Ci rispose donna Allegra dicendoci che il Dottore era morto: ci guardammo sbigottiti, poi Giraudo sussurrò: «Per noi è finita». E fu proprio così. Adesso il figlio Andrea ne sta emulando le gesta e la Juve sta vincendo come allora, a dimostrazione di una capacità di gestire che altri non hanno. Stasera al San Paolo Napoli-Juve non sarà magari decisiva ma ci chiarirà molte cose. di Luciano Moggi