Il giallo
"Pantani non è morto come dicono", ecco la sentenza degli esperti
Nell’oscura morte di Marco Pantani, molte volte abbiamo sentito parlare di svolta, ma gli ultimi elementi presentati non potranno non spingere la Procura di Rimini ad andare a fondo, dopo che lo scorso agosto sono state riaperte le indagini ipotizzando un «omicidio». L’avvocato Antonio De Rensis, legale della famiglia, ha infatti depositato una perizia che riguarda la pallina di pane e cocaina ritrovata accanto a Marco e alcuni importanti particolari del cadavere: ebbene, la relazione va in netto contrasto con quanto sostiene la versione ufficiale e rafforza l’ipotesi che Pantani non sia stato solo il giorno in cui è deceduto il 14 febbraio 2004. Secondo gli inquirenti di allora e secondo il professor Fortuni (autore dell’autopsia), il Pirata in preda al «delirio paranoide» avrebbe prima distrutto la sua stanza (senza che nell’hotel nessuno avvertisse alcun rumore di danneggiamenti) e poi avrebbe ingerito volontariamente alcune decine di grammi di cocaina risultati letali. Una pratica inusuale, messa indubbio dal professor Avato (autore della perizia contenuta nell’esposto della famiglia Pantani) che ha ipotizzato invece un’ingestione forzata, con la droga sciolta nell’acqua magari di quella bottiglia mai analizzata e trovata stranamente in buon ordine dietro al letto. La pallina dava credito alla ingestione compulsiva del ciclista: poi, cadendo a terra per il malore causato dall’overdose, l’ultimo boccone sarebbe stato rigurgitato, restando nella pozza di sangue a pochi centimetri a destra del cadavere. Ebbene, gli esperti del 4en6 Lab di Brescia (una squadra composta dal dottor Fulvio Guatta, dal dottor Cesare Marini, oltre che da altri tecnici informatici, una psicologa forense, un investigatore privato e un ex carabiniere con decenni di servizio nel reparto scientifico: per loro circa 800 casi all’attivo in tutta Europa; in Italia, fra gli altri, quello di Desirée Piovanelli e Marilia Rodrigues e una complessa e delicata indagine ancora in corso a Bergamo) hanno analizzato il materiale fotografico e video di quel maledetto San Valentino con scanner ad alta precisione e software professionali (fra cui Amped Five, al top in ambito forense). Due i quesiti a cui hanno risposto. Il primo: rilevare la presenza di macchie sulla palla bianca. Risposta: «Da quanto si può notare a seguito delle varie elaborazioni, la palla bianca “bolo” nella parte superiore non presenta tracce di colore rosso o marrone, la superficie appare bianca, fatto salvo delle minuscole macchie sul lato sinistro di piccola intensità, tanto da portare la prevalenza del colore bianco su circa il 97% della superficie». Dunque con un’approssimazione del 97% (quasi totale), quella pallina non presenta tracce che i software avrebbero dovuto rilevare: se fosse uscita dalla bocca di Marco, però, avrebbe dovuto essere sporca di un «materiale bianco tendente al bruno» presente sulla lingua, come riportato nella relazione di Fortuni. C’è la possibilità che Marco l’avesse in mano e gli fosse caduta? «Sì», rilevano gli esperti, «però l’analisi al software delle macchie di sangue sul pavimento non rilevano in alcun modo il percorso fatto dalla pallina per arrivare lì». E dunque trovano ancora più forza le testimonianze degli infermieri del 118 che sostengono l’assenza di quella pallina accanto al corpo quando sono arrivati con l’ambulanza. Dunque è stata messa lì dopo l’arrivo dei sanitari per simulare l’overdose e sviare le indagini? Qualcuno vuol far credere che Marco mangiava la coca, come affermato anche dal dottor Greco, che lo aveva in cura al Sert di Ravenna? La risposta al secondo quesito riguarda le mani di Marco (come ormai noto pulitissime e senza graffi né unghie rotte, nonostante la presunta distruzione della camera) ma automaticamente conferma che il corpo è stato spostato dalla posizione originaria. La perizia afferma che «le mani appaiono prive di evidenti macchie di sangue, il che non è compatibile con eventuali tentativi di spostamento eseguiti da parte dello stesso in fase pre-morte, sul pavimento ricoperto di sangue». Questo smentisce dunque la contro-perizia affidata alcuni mesi fa dalla Procura al prof. Tagliaro (ancora alle prese con ulteriori accertamenti, attesi per marzo) riguardo agli spasmi durante l’agonia. Marco non è morto in quella posizione, «è stato spostato» dicono con la certezza delle loro analisi gli esperti di 4en6 Lab, «la testa 19 cm verso sinistra, il braccio sinistro sempre verso sinistra di 25 cm. A muoverlo non sono stati gli operatori del 118, ne abbiamo la conferma dall’assenza di qualsiasi segno di trascinamento». L’avvocato del diavolo direbbe adesso: e se Marco si fosse in qualche modo alzato e spostato da solo? Ma come? «In tutto quel sangue avremmo dei trascinamenti rilevabili - dicono gli esperti - avrebbe dovuto sporcarsi le mani, o per lo meno i gomiti», che invece sono puliti tranne l’avambraccio destro, che anzi ci dà la conferma alla tesi dell’intervento di qualcuno. «Se la presunta ora di morte è fra le 11.30 e le 12.30, il sangue non avrebbe permesso quel tipo di macchia “a stampo”, non “da trascinamento”. E ce lo dice lo stesso colore del sangue». E a confermare che Marco è stato spostato c’è in qualche modo anche la prima relazione di Fortuni. Il polmone destro era circa 200 g più pesante del sinistro (conteneva più sangue), eppure, vista la posizione del ritrovamento, con la parte destra più alta, per la legge di gravità avrebbe dovuto essere il contrario. E dunque l’ora del presunto spostamento? «Si può ipotizzare fra le 17 e le 18», dicono a 4en6 Lab. E, guarda caso, il Rolex di Marco era fermo alle 16.55. di Tommaso Lorenzini