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Bala, biliard e boc. Genio e sregolatezza di Luigi Cevenini

Giulio Bucchi

  di Marco Petrelli Direttore del Guerin Sportivo, firma del Corriere dello Sport, Filippo Grassia è un appassionato non solo del calcio giocato ma anche della storia di questa disciplina carne e sangue del nostro Paese. Quando lo incontriamo in un bar di Bisceglie ha appena terminato di presentare la sua ultima fatica editoriale, Il Terribile Zizì – la vita avventurosa di Cevenini III primo dei numeri dieci (G.S. Villa Guardia,  2012). Perché un libro su Cevenini? "Cevenini  è una pietra miliare del calcio nostrano, è stato il primo “10”, quel numero indossato sempre da coloro che sul campo fanno davvero la differenza quanto a stile e tecnica". Che tipo era Luigi Cevenini III? "Bala, biliard e boc forse per questo la mia vita è andata a rotoli. Poche parole che credo rendano bene l’idea della persona. Terzo di cinque fratelli tutti calciatori, la sua carriera inizia nel 1912 in maglia rosso nera (Ambrosiana). Giocò anche nell’Inter (allora Internazionale) e nella Juventus. Esuberante e sempre pieno di energie spronava, talvolta anche con qualche ceffone, i compagni di gioco quando non erano al massimo dell’impegno". Nel tuo libro citi anche aneddoti un po’ border line… "Durante un Italia Francia nel ‘21 il ct Pozzo tiene un discorso negli spogliatoi: stavamo perdendo 1 a 0. Ad un tratto il ct si accorge dell’assenza del suo centravanti, rimasto in campo a scherzare con i raccattapalle. L’irritazione del team italiano e lo stupore del pubblico si trasformano presto in euforia: ad inizio ripresa è proprio il “10” a segnare il pareggio. Irriverente e anti conformista anche nel privato: nel ’22, col Fascismo al potere, ostenta orgoglioso le sue simpatie comuniste". L'attività di ricerca è stata difficile? "Trattare di storia non è mai facile. La professionalità di Enrico Levrini è stata importante per garantire l’esattezza delle fonti; preziosa anche la collaborazione di Sandro Mazzola, altro 10 e figlio di 10".