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Bruno Vespa spiana Giuseppe Conte in tv: "Io con veemenza ho detto una cosa diversa"
Continua a tenere banco la polemica intorno alle parole di Bruno Vespa, che la settimana scorsa, chiudendo una puntata del suo programma su Rai 1 “5 Minuti”, a proposito del caso Almasri ha ricordato, in sostanza, come in tutti gli Stati per tutelare la sicurezza nazionale si arrivi a trattare con dei ceffi indigeribili, criminali, torturatori, personalità che appartengono a governi dalla democrazia assente o debole.
È un principio basilare di realpolitik più volte evocato durante queste settimane. Vespa, però, ha ricevuto gli strali del tribunale dei moralisti, sempre pronto a scattare. Ieri sera, sul tema è nata un’altra querelle, durante la puntata di Porta a Porta dove era ospite il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Quest’ultimo chiede al giornalista: «Se lei fosse Presidente del Consiglio, andrebbe in Parlamento?». Il riferimento è all’informativa, che si svolgerà oggi, con i ministri di Giustizia e Interno Nordio e Piantedosi, mentre la sinistra avrebbe voluto Giorgia Meloni. Conte dice: «Perchè io ci sono andato sempre, ogni qualvolta, anche da Giorgia Meloni, l’opposizione ha richiesto». Le parole del leader pentastellato si rifanno ai due governi che guidò tra il 2018 e il 2021. «Perché lei -ha proseguito ancora Conte rivolto al giornalista- in altra occasione ha con grande veemenza sposato alcuni argomenti.
Lei da Presidente del Consiglio andrebbe in Parlamento in una vicenda del genere? Ritiene che i cittadini hanno il diritto di sapere?». A quel punto, Vespa replica: «Io con veemenza, forse eccessiva, ho detto una cosa diversa. Cioè che i nostri servizi segreti, quindi i nostri Stati, devono avere rapporti anche con persone, diciamo, di pessima fama».
Poi ricorda le parole pronunciate questi giorni da alcuni esponenti dei governi di centrosinistra. «Nicola Latorre, presidente della Commissione di Difesa nei governi Renzi, Gentiloni e Minniti, capo dell’autorità Delegata alla Sicurezza nel governo Renzi e ministro dell’Interno al governo Gentiloni, hanno detto entrambi che loro avrebbero fatto esattamente quello che ha fatto il governo, ma non perché sono iscritti a Fratelli d’Italia». Piuttosto, prosegue il giornalista, «perché Almasri, che è un torturatore, un boia, è un pezzo dello Stato libico, e quindi o noi rompiamo i rapporti con la Libia oppure dobbiamo fare i conti anche con dei loschi figuri». Conte dal suo canto ribatte: «C’è una differenza perché in questo caso è arrivato il mandato di arresto della Corte Penale. I valori nostri sono tutti in quel trattato. Se poi ci arriva il mandato di arresto e noi lo stracciamo, stracciamo la legalità internazionale». In precedenza, il conduttore aveva avuto un duello dialettico, come strascico delle sue parole pronunciate nella puntata al centro dello scontro, con un altro ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Si tratta di una polemica che, probabilmente, non è giunta al capitolo finale.