Maestrino rosso
Le figuracce in tv di Landini sui contratti da 5 euro che ha firmato
È troppo nervoso Maurizio Landini di fronte ad argomenti che non digerisce. La polemica sulle sue parole inneggianti alla «rivolta sociale» e anche l’incoerenza della Cgil sui contratti firmati con prestazioni retribuite con meno di 9 euro l’ora sono questioni difficili da spiegare di fronte ai giornalisti. Nel primo caso tenta di superare l’ostacolo rivendicando le sue affermazioni pur tentando di minimizzarne la portata; nel secondo non sa proprio come rispondere. Sulla «rivolta sociale», il leader della Cgil si è dovuto arrampicare sugli specchi a Tg2 Post condotto da Manuela Moreno, la sera dello sciopero generale. Ospite con lui, assieme a Pierpaolo Bombardieri della Uil e al direttore del Foglio Claudio Cerasa, c’era Rita Lofano, direttrice dell’Agenzia giornalistica Italia (Agi), che con la consueta cordialità ha chiesto a Landini se anche lui non debba essere più cauto nell’uso delle parole, come spesso si chiede ai leader politici, per evitare che «si getti benzina sul fuoco».
La risposta del sindacalista è stata sconcertante: «Io ci sto molto attento e sono convinto di aver usato (con rivolta) la parola esatta. Siamo di fronte ad un passaggio, siamo nel pieno di una crisi democratica. Quando metà dei cittadini non va più a votare, vuol dire che non si sente rappresentato da nessuno. Siamo nella situazione in cui le persone non arrivano alla fine del mese, perché sono povere lavorando». Che con la domanda della Lofano c’entrava come i cavoli a merenda. Se c’è il tema del lavoro e conseguentemente quello dei salari, lo vuole risolvere istigando alla rivolta? Ah già, lui cambia il senso delle parole: «Io invito le persone a non voltarsi dall’altra parte... ». Tiro il sasso e nascondo la mano, insomma.
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Ancora peggio è andata a Restart, la trasmissione di Annalisa Bruchi, che ha condotto un vigoroso faccia a faccia con Landini proprio sul tema dei contratti malpagati. «Come mai avete firmato contratti a cinque euro l’ora alla categoria dei vigilantes, la sicurezza privata?». La fuga di Landini è stata spettacolare. «Abbiamo già aperto un’altra trattativa... ». Ma alla Bruchi non basta: «Ma li avete firmati o non li avete firmati ‘sti contratti?, un sindacato che firma a cinque euro l’ora non si può sentire», afferma sconsolata la conduttrice... E lui: «Accordi a cinque-sei euro sono incostituzionali», con un candore che sembravano firmati da altri e non dalla Cgil. «Quindi scenderete in piazza?», incalza la Bruchi. E Landini, facendo saltare i telecomandi dalle mani di chi guardava il programma: «No, andremo nei tribunali... ». È la promessa di farsi causa da soli in pratica.
Landini l’asfaltato deve probabilmente correggere il tiro abbastanza rapidamente. La Cgil può avere anche una grande organizzazione capace di mobilitare lavoratori, ma è difficile nel tempo reggere alle contraddizioni di chi deve mordersi le labbra per le frasi istigatrici o tagliarsi le mani perché firma ciò che nega o che addirittura proclama di voler contrastare. Sono questioni maledettamente serie che non possono essere trattate con superficialità. Pronunciare il termine “rivolta” non è esattamente un incoraggiamento ad evitare un tipo di postura. Non significa voltarsi o meno dall’altra parte, ma è istigazione vera e propria. Così come sui contratti da lavoro povero anche il sindacato ha le sue evidenti responsabilità. Firmarli con la controparte datoriale e poi attaccare il governo non è una gran bella figura. Si rischia di essere accusati di voler turlupinare i lavoratori. E se poi sono proprio loro a rivoltarsi contro il sindacato che succede, caro Landini? I toni contano, come la verità.
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