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Report, esaurito il fango su Giuli ora sparano sulla sorella

Pietro Senaldi
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C’è un che di ossessivo nelle inchieste di Report. L’approfondimento della prima serata domenicale di Raitre la settimana scorsa aveva messo nel mirino Alessandro Giuli, ma è stato un mezzo buco nell’acqua. Il nuovo ministro della Cultura era stato attaccato per i trascorsi adolescenziali nell’estrema destra, trent’anni fa, e per un’aquila tatuata sul petto. Cose risapute, raccontate più volte dall’interessato, ma rivendute come uno scoop e una colpa da quella Rai che la sinistra accusa di essere troppo filogovernativa. Dito puntato anche sulla consulenza al Maxxi data al marito di Francesco Spano, l’uomo che Giuli aveva scelto come capo di gabinetto. A ingaggiarlo era stata l’ex ministra della Cultura dem Giovanna Melandri, quando era presidente lei, mala cosa è stata ritenuta sconveniente solo allorché Spano è stato chiamato in servizio al Collegio Romano dal sostituto di Gennaro Sangiuliano. Alla fine il capo di gabinetto ha fatto un passo indietro, ma a rallegrarsene è stata più la destra tradizionalista che l’opposizione pro-Lgbt.

Ieri, Sigfrido Ranucci e i suoi mastini dopo aver riciclato il materiale della settimana scorsa contro il ministro Giuli, se la sono presa con la sorella, Antonella. Militante di destra dall’adolescenza, la signora ha lavorato a lungo per Fratelli d’Italia, occupandosi di comunicazione e da gennaio è impiegata nell’ufficio stampa della Camera dei deputati, redazione ampia e politicamente molto eterogenea, dove negli anni la sinistra ha piazzato molti fedelissimi. Poiché nei fine settimana o fuori dall’orario di lavoro, talvolta Giuli accompagna Arianna Meloni, con la quale è amica dalla notte dei tempi, a iniziative di Fdi e magari le dà anche qualche dritta, Report l’ha fermata in strada davanti al Parlamento, lanciandole a brutto muso l’accusa di prendere lo stipendio dalla Camera ma lavorare in realtà per Fratelli d’Italia; insomma, di essere una truffatrice. Insinuazione pesantissima, diffamatoria, mossa con un’aggressività direttamente proporzionale alla mancanza di prove. Addirittura, il cronista Giorgio Mottola rinfaccia apertamente a Fdi di “aver di fatto messo in una sorta di cassa integrazione Giuli, facendola lavorare per il partito e per Arianna Meloni ma pagata dallo Stato”. Nel video in cui incalza Antonella Giuli, il giornalista le rimprovera che «a quanto ci risulta, lei in ufficio non ci va mai...».

 

 

L’attacco non è solo alla sorella del ministro, o a Fratelli d’Italia, ma anche alla Camera, implicitamente accusata di coprire Giuli. La cosa non ha fatto piacere all’istituzione, che si sente oltraggiata e starebbe studiando un’azione per chiedere i danni; anche perché, dati alla mano, Giuli risulta tra i dipendenti più attivi dell’ufficio stampa di Montecitorio. Una cosa peraltro facilmente dimostrabile, a differenza delle illazioni di Report, perché il lavoro - preparazione di eventi, conferenze stampa, comunicazioni, assistenza alle attività della presidenza e degli onorevoli- è tutto documentato. Naturalmente la trasmissione ha generato un profluvio di dichiarazioni a difesa della donna e di critiche verso Report, al quale si rimproverano partigianeria e sciacallaggio. Il sindacato dei giornalisti della tv pubblica Unirai ha chiesto le scuse di Ranucci, mentre Fdi “negando che Antonella Giuli abbia lavorato per la comunicazione del partito dopo l’assunzione alla Camera” e parlando di “informazioni non veritiere diffuse consapevolmente a scopo diffamatorio”, fornisce un assist a eventuali iniziative giudiziarie da parte di Montecitorio.

La prima a muoversi però è stata l’interessata, con una lettera aperta fatta filtrare otto ore prima della messa in onda di Report, che parla di “manipolazione” e rivendica “il rapporto limpido e pubblico di amicizia personale con Arianna e il diritto di vivere il mio tempo libero come meglio credo”. Ma la giornalista si spinge oltre: “È vero, sono dispensata dalla rassegna stampa all’alba” spiega, “ma solo grazie alla legge 104, che mi consente di accompagnare a scuola mio figlio Giulio, di sette anni, affetto da una grave patologia non guaribile”. “È giusto” conclude Giuli “che la morbosa aggressione mediatica a cui vengo sottoposta, forse anche in quanto sorella di un ministro, mi costringa a rendere pubblici il mio dolore e i miei tormentati pensieri per smentire falsi teoremi?”.

Tenta l’arrocco Ranucci, sostenendo che l’inchiesta documenterebbe una violazione da parte dell’interessata del contratto, che le impone l’esclusiva e le vieta ogni attività politica. Solo che Antonella non si è candidata e non riveste ruoli politici né è pagata da altri per attività professionali. Quanto al fatto che lei lavori per Fdi e non per la Camera, l’inchiesta di Mottola non riesce a dimostrarlo, è una requisitoria senza prove messa insieme con un taglia e cuci di testimonianze, con tanto di gole profonde inquadrate nell’ombra e di spalle, neanche si trattasse di testimoni di mafia. D’altronde l’obiettivo è chiaro: prendersela con Antonella per fare male ad Alessandro (il fratello ministro) ad Arianna Meloni, l’amica di una vitae, in ultima analisi alla premier stessa. Nella concitata difesa sui social, in cui Ranucci dava appuntamento a tutti perla serata, il giornalista si tradisce con un lapsus freudiano: chiama per tre volte Antonella con il nome del fratello... Più evidente di così. Il giornalista poi rivolta l’accusa di sciacallaggio, affermando di non aver mai voluto negare a Giuli il diritto di stare vicina al figlio malato. E questo forse è vero, ma allora aveva il dovere di informarsi bene sulle ragioni delle assenze della donna. A guardare il servizio così come è stato confezionato invece, l’impressione è che sia un lavoro a tesi, fondato su accuse provenienti da ambienti interni alla Camera ma non verificate adeguatamente e aggiustato rimontando dalle dichiarazione degli intervistati solo il materiale funzionale al teorema precostituito. D’altronde, mai rovinare un bel Report con la verità. E ancora c’è qualcuno a sinistra che parla di Tele-Meloni e di stretta sulla libertà di stampa... Occhio però a non confondere la libertà di stampa con le parole in libertà, che sono opinioni e non inchieste.

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