Il caso di Parma

Zona Bianca, la femminista Bubba: "Petrolini vittima dello stigma sull'aborto", la Bruzzone la gela

"Qui abbiamo a che fare con un soggetto che ha scelto deliberatamente in ben due occasioni di negare all'esterno la gravidanza, già pienamente consapevole della fine che avrebbero fatto questi due bambini una volta giunta a termine, e di adottare durante la gravidanza una serie di condotte altamente rischiose per il feto, come il consumo di alcol e stupefacenti": Roberta Bruzzone lo ha detto in collegamento con Giuseppe Brindisi a Zona Bianca su Rete 4 a proposito di Chiara Petrolini, la studentessa di 21 anni ai domiciliari con l'accusa di aver ucciso e seppellito i suoi due figli dopo averli partoriti. 

"Qui non c'è mai stata la presa di coscienza di diventare madre - ha proseguito la psicologa forense e criminologa - solo quella di liberarsi purtroppo del frutto del concepimento, ma non c'è mai stato nessun tipo di progetto di aborto né legale né illegale. Lei ha semplicemente nascosto questa parte perché ritenuta intollerabile evidentemente nel suo sistema di adattamento sociale e quindi quella parte lì di sé non doveva comparire, non doveva emergere. Non si sarebbe mai esposta a chiedere aiuto, nemmeno in contesti tutelati, privati, segreti, anonimi. Questa è una storia completamente diversa da quella che probabilmente alcuni tentano di raccontare".

 

 

 

Secondo le femministe, invece, Chiara si sarebbe comportata in questo modo perché vittima dello stigma sull'aborto. A sposare questa tesi la scrittrice Francesca Bubba, anche lei ospite del talk di Rete 4: "Ma se cercava su Google 'modi per abortire'...". "Lei non ha mai chiesto di abortire in maniera né legale né illegale, non si è mai posta il problema di andare in un consultorio", ha controbattuto la Bruzzone. Ma la scrittrice ha insistito: "Non è vero, cercava anche metodi per abortire con le erbe addirittura e con i pugni nella pancia, quindi poniamoci una domanda. Lei comunque cercava di abortire, evidentemente è così forte la barriera culturale, lo stigma, che neanche ci ha provato". Secondo lei, inoltre, è impossibile che nessuno si sia mai accorto di nulla: "Io credo che nessuno ha voluto vedere nulla, quantomeno il fidanzato. Io posso ammettere che un passante, un'amica non se ne accorga ma un fidanzato... Non dimentichiamo che l'evidenza di una gravidanza non si riscontra soltanto dalla presenza di un pancione. Per me la figura del fidanzato continua a rimanere torbida anche in relazione alle sue esternazioni pubbliche, così come quelle di sua madre, che sono sempre rivolte a deresponsabilizzarsi, quasi a dire 'io non ne sapevo nulla, io non c'entro nulla' e mai a dire 'ma come abbiamo fatto a non accorgercene?' e questo secondo me la dice lunga".