Tv di Stato
Rai, la lezione dimenticata di Indro Montanelli ai giornalisti
Aveva ragione Montanelli, il più grande testimone del Novecento: noi giornalisti dovremmo cercare di andare sempre controcorrente restando obiettivi per quanto è possibile ancora oggi. Ma, soprattutto di questi tempi, finiamo sovente per dimenticare quanto Indro ci aveva insegnato con il suo grande esempio. Basta assistere al can-can di questi giorni a proposito delle dimissioni giudicate forzate dell’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, che verrebbe dirottato al Teatro San Carlo di Napoli dove l’attuale sovrintendente, Stéphane Lissner, sarebbe pensionato suo malgrado per raggiunti limiti d’età in base alla legge appena varata. Apriti cielo!
Ecco suonare la grancassa di tanti mass media contro il governo meloniano accusato di essere capace di tutto (anche una legge ad hoc) per far posto sotto il Vesuvio all’ormai ingombrante nocchiero di Viale Mazzini e mettere, così, le mani sull’ente radiotelevisivo pubblico. Intendiamoci, può anche essere andata così ma c’è un peccato d’origine: il fatto che nessuno abbia ricordato che proprio FdI era stato finora vittima di una clamorosa cecità proprio da parte di coloro che oggi gridano allo scandalo.
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Da quando il partito della Meloni faceva l’opposizione da solo nel governo Draghi, non ha mai avuto neppure un consigliere indicato da Giorgia, alla faccia di quel minimo di democrazia che dovrebbe valere soprattutto per il nostro microfono di Stato. Anche se certamente non ci consideriamo “fan” di una prassi da Prima Repubblica, che è quella della lottizzazione politica non possiamo accettare il fatto che alla minoranza politica che è poi diventa maggioranza sia messo il silenziatore. È sufficiente ricordare, al riguardo, cosa è accaduto a Sanremo, in febbraio, con le tante critiche e prese in giro, più o meno velate, che sono piovute addosso al governo in carica. Non solo: è ancor più grave la consapevolezza che anche sei mesi dopo l’insediamento a Palazzo Chigi, la premier resti formalmente fuori dai vertici Rai e che solo adesso, con le dimissioni di Fuortes, potrà cominciare ad avere qualche voce in capitolo. Siamo di fronte al più clamoroso esempio di quel vecchio principio dei due pesi e delle due misure: in tutti gli anni del centrosinistra al potere (e degli esecutivi “tecnici”), nessuno (o quasi) ha osato eccepire sul monopolio anche politico del nostro microfono di Stato. Eppur oggi si muove anche la Rai. E con il governo che comincia a far sentire la propria voce, ecco gridare allo scandalo da parte proprio di coloro che su questo scandalo hanno vissuto per anni: non è mai troppo tardi per rifarsi una verginità.