Caso infinito
Domenica In e il caso Denise Pipitone, Piera Maggio ribalta il quadro: "L'indagine va riaperta", il nuovo elemento
Piera Maggio, ospite di Mara Venier a Domenica In, parla di Denise Pipitone e del suo stato d'animo: "Si sopravvive e si cerca di andare avanti in ogni modo, ma questa non è vita. In 17 anni abbiamo sempre cercato mia figlia, la speranza non si è mai affievolita", ricorda la mamma della bambina scomparsa da Mazara del Vallo nel settembre 2004. Si torna a parlare di Olesya Rostova, la ragazza russa che ha deluso le speranze di Piera Maggio. "Ogni segnalazione va vagliata con attenzione e quel caso, per tante analogie, meritava di essere confermato. Abbiamo chiesto il gruppo sanguigno per accelerare i tempi, se avessimo chiesto alla Procura di Marsala avremmo dovuto attendere due o tre mesi. Ma non mi sono voluta prestare a quel teatrino. Ogni segnalazione riaccende la speranza nel mio cuore di mamma, ma col tempo ho imparato anche a non illudermi", ha raccontato la donna.
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Del caso del programma tv russo ha parlato anche l'avvocato della Maggio, Giacomo Frazzitta: "In Italia siamo più seri, a nessuno verrebbe in mente di fare un reality show su argomenti seri e gravi come bambini rapiti. Le indagini sono state ostacolate da chi avrebbe dovuto condurle e invece ha commesso gravi errori e omissioni. Ci sono tanti elementi, negli atti, che potrebbero permettere di riaprire le indagini", ha precisato il legale.
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Piera Maggio torna a parlare di Denise: "C'è chi ha sbagliato in questa vicenda e deve pagare, ma dobbiamo rendere merito alle forze dell'ordine e alla magistratura che hanno lavorato giorno e notte per cercare Denise. Anche per loro dico che alcuni loro colleghi devono pagare, bisogna fare un passo in più: vorrei sapere dov'è Denise ma anche la verità su ciò che è accaduto. Oggi non cerco pietà, ma la forza e il coraggio di coloro che finora hanno mentito: voglio che dicano la verità, sappiamo chi sono. Ci sono altri sette indagati che sono stati archiviati. Le sentenze si accettano, non si commentano, anche se avremmo avuto tutto il diritto, visto che eravamo parte civile. Questo è stato uno dei procedimenti più costosi della storia della giustizia italiana. Oggi si parla di depistaggi e i giornalisti fanno il loro lavoro, ma sono in primis i magistrati a doverlo fare. Non possiamo più restare fermi e accettare", ha concluso.