Maria Schneider: "In 'Ultimo tango' mi sono sentita violentata"

domenico d'alessandro

L’appuntamento con Maria Schneider è nel lussuoso “Hotel Cost” dentro il cuore di Parigi. L’attrice arriva puntuale e senza un filo di trucco, indossa jeans, un paio di scarpe Tod’s e una t-shirt candida. Indossa un piacevole profumo maschile, dolce, fresco, sensuale. Un po’ come Maria: appassionata e ombrosa. Prima di iniziare la nostra chiacchierata ordina un bicchiere di vino rosso siciliano. Superati i convenevoli, accende una sigaretta e dice: «Non amo raccontarmi, odio le interviste, l’ultima risale a un paio di anni fa. Ho bruciato anni della mia vita in esperienze molto forti, oggi sono una donna serena. Ho fatto tutto ciò che ho desiderato fare. Ho avuto molti incontri e se so di avere davanti molta strada da percorrere per ritrovare la Maria che nessuno conosce, forse neanch’io». È stata considerata un’icona degli anni Settanta, una delle attrici più celebri di quel periodo, ha fatto impazzire uomini e donne. Della  Schneider  di allora, oggi, è rimasto il segno? «Sicuramente dei miei film - ne ho girati più di cinquanta - è rimasto il mio modo di essere: mai essere condizionata da nessuno. Gli anni Settanta per me sono stati pieni di gioia. Il cinema era potente, le attrici erano straordinarie, si viveva un’aria di libertà, non avevamo l’incubo dell’Aids, pensavamo tutti di cambiare il mondo. Invece ci sono ancora le guerre e continueranno ad esserci. Come vedi, oggi a cinquant’anni per i signori del cinema sei già vecchia e nessuno ti chiama per offrirti un ruolo da protagonista, come credo di meritare. La mia amica Angelica Huston, per vivere, si è data alla regia. L’unica che non si ferma mai è Meryl Streep». Nella sua carriera ha lavorato con grandi registi, Antonioni, Zeffirelli, Comencini, René Clement, Bertolucci. Cosa le hanno insegnato questi maestri? «Da ognuno di loro ho imparato qualcosa. Ricordo che da ragazzina vedevo tutti i film di Antonioni, Dio mio che emozione! La fortuna ha voluto che un giorno lavorassi con lui nel film Professione: reporter, accanto a Jack Nicholson. Devo anche ringraziare René Clement. Come pure Comencini che mi ha diretta in Cercasi Gesù con Beppe Grillo. La sceneggiatura era del vostro geniale autore Antonio Ricci. Con loro ho affinato il mestiere di attrice, non con gli altri». Maria! Ha dimenticato Bernardo Bertolucci che l’ha resa famosa in tutto il mondo con Ultimo tango a Parigi. «Bertolucci non è stato un Visconti, un Antonioni, un De Sica, tanto per fare qualche nome. Lui è stato osannato per quel film, penso che se non ci fosse stato Marlon Brando e la sottoscritta, quel film sarebbe stato un insuccesso. In quel film mi sono sentita violentata e ancora oggi porto con me le sofferenze di qualche scena. Dopo Via col vento, Ultimo tango a Parigi è stato il film più visto in assoluto. Ancora oggi, in due sale di Parigi è stato proiettato con grande successo di incassi. Bertolucci non è mai stato un amico, ricordo che il mio compenso è stato quasi irrisorio. Lui nei miei momenti di crisi non è mai corso in mio aiuto. Da uno di sinistra avrei dovuto aspettarmelo». Se lei non avesse interpretato Ultimo tango a Parigi sarebbe riuscita lo stesso a sfondare? «Avrei iniziato questo percorso più lentamente e ci sarei riuscita: Zurlini mi voleva come altri registi di fama, ma il destino ha voluto che il successo arrivasse come una tempesta, ancora in giovane età, con quel film». Come si comportava con lei Brando? «Era meraviglioso, educato, affettuoso, per me è stato come un padre. Durante le scene più forti si avvicinava accarezzandomi i capelli e dicendomi: "Maria, non preoccuparti, è solo una finzione". Le mie amiche erano pazze di lui, ma a me lasciava indifferente. Allora i miei idoli erano James Dean e Montgomery Cliff». Ci racconti com’è andata con Nicholson. «È uno che pensa solo a se stesso, con me non è mai stato carino, sempre in competizione. Ricordo che odiava la cucina spagnola e si faceva mandare orribili hamburger dall’America che solo lui poteva mangiare». E con William Hurt? «Delizioso, mentre giravamo Jane Eyre di Zeffirelli, in una scena a piedi nudi, chiedeva alla troupe di pulire il pavimento dove io camminavo per paura che qualche chiodo si conficcasse nei miei piedi». Sappiamo che Buñuel la voleva per Quell’oscuro oggetto del desiderio. Perché il progetto non andò in porto? «Buñuel non voleva assolutamente girare quel film e se l’avesse fatto avrebbe voluto solo me. Ma il produttore aveva insistito talmente tanto per convincerlo, pretendendo che le protagoniste fossero Carole Bouquet e Angela Molina. Povero Buñuel, ha dovuto prendere due donne per fare una  Schneider. Il film non l’avrei sicuramente fatto perché l’interprete era Fernando Rey e non me la sentivo di girare scene d’amore con uno che avrebbe potuto essere mio nonno, senza nulla togliere al grande talento dell’attore». Rimpianti? «Mi voleva Vittorio De Sica in un film, accanto a Sophia Loren, ma il progetto non andò a buon fine perché il Maestro si ammalò». Ci parla della sua vita privata? «La mia vita privata è un giardino ed è segreto». Un figlio? «Non in questa vita». Brigitte Bardot le è stata molto vicina, è stata una seconda madre per lei. È vero che quando vivevate assieme andava a cercarle il fidanzato di turno, dopo le loro litigate, e glielo riportava a casa? «Sì, è vero, che fatica, ma ci riuscivo, non mi piaceva vederla soffrire». Con quale regista italiano lavorerebbe? «Amo Pupi Avati. Salvatores. Crialese, i fratelli Taviani, Michele Placido. Con lui lavorerei anche gratis». Cosa sta facendo in questo periodo? «Ho finito un film con Josiane Balasko e un altro con Vanessa Paradis, più conosciuta in Italia come moglie di Johnny Depp. Ho appena finito anche un cortometraggio di una giovane regista italo-Belga, Maria Pia Crapanzano, dove interpreto una domatrice di dodici leoni». Posso chiederle per chi hai votato alle ultime elezioni francesi? «Ho votato Sarkozy. Grande uomo, geniale, di grande temperamento e grinta, è molto energico e di forte personalità». In Italia c’è un politico che susciti la sua ammirazione? «Sicuramente Silvio Berlusconi». Come si definirebbe con un aggettivo? «È difficile definirsi. Nella vita ho trasgredito, sono stata amata, ho amato, sono tata lasciata, ripresa, abbandonata. Ma oggi sono felice perché vivo con un angelo». di Cristiano Malgioglio (18 luglio 2007)