Gran rifiuto
Luca Marinelli, il rovinoso flop del suo "Duce" negli Stati Uniti: nessuno vuole "M"
“Ma è del mestiere questo?”. Il regista di “M - il figlio del secolo” Joe Wright sbigottito davanti ai taccuini del Financial Times afferma che nessuno negli States vuole dare una piattaforma alla miniserie estrapolata dalle pagine di Antonio Scurati (lo scrittore milanese lo preferiamo quando parla di Risorgimento). «Dicono che è uno show controverso, ma da quando l’antifascismo è controverso?». Per restare in terre italiane, davanti a questa versione personalissima del mondo al contrario, non resta che rifugiarsi nelle parole introduttive dell’articolo pronunciate dal comico barese Checco Zalone nel film Quo Vado. Siamo tutti con la mano protesa in direzione del cineasta, con italica mimica comunicativa, come per dire “ma fa sul serio?”.
A inizio marzo abbiamo assistito al gongolare di Nils Hartmann, vice presidente esecutivo di Sky Studios Italia, che raccontava di come lo sceneggiato fosse andato «oltre qualsiasi aspettativa perché l'impressione è che sia uscito dalla scatola televisiva», diventando «un evento mediatico, di costume e culturale». E come se non bastasse «si sentiva parlare ovunque di “M”, anche da chi non lo aveva visto». La seconda stagione? «Ci stiamo lavorando, io sono ottimista di natura, non è possibile che non facciamo una seconda stagione di M». Up and down in questo caleidoscopico Benito Mussolini che con il racconto di quello che è stato il Fascismo ci azzecca davvero poco. Lo diciamo? La violenza e la spietatezza dei fascisti nel girato è presa in prestito, pari pari, dal comunismo di estrazione sovietica. Lenin docet. Basterebbe leggere Zeev Sternhell per farsi un’idea, ma la strada intrapresa è quella di Scurati.
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In questo circuito nonsense assistiamo il regista bussare alle porte di Hollywood. «C’è stato uno streamer che ha detto: “Amiamo lo show... Tuttavia, è un po’ troppo controverso per noi”». Lo immaginiamo imbronciato. «Questo mi ha davvero scioccato, perché i nostri nonni e bisnonni hanno combattuto per difenderci dal Fascismo. Anche il loro sacrificio è diventato controverso». Gli stessi avi che nel 1933 producevano - una realizzazione Columbia Pictures - il documentario “Mussolini speaks” che narrava al pubblico U.S.A. i primi dieci anni di Governo fascista in Italia. La voce dello scrittore Lowell Thomas interpretava i discorsi del Duce passando attraverso la marcia su Roma, l’espansione coloniale, le opere architettoniche che hanno costruito l’Impero e i Patti Lateranensi. Una produzione a cura dei fratelli ebrei Cohn che incassò oltre un milione di dollari negli Stati Uniti d’America degli anni ‘30. Un bagno di folla a stelle e strisce per Mussolini con Lowell che durante il girato definì il capo del Fascismo «un moderno Cesare».
Per sbarcare il lunario cinematografico statunitense Wright potrebbe provare con questa pellicola, visto che i documentari in questi anni sono tornati tanto di moda. Il regista ha dichiarato al Financial Times che il Duce era un profondo opportunista, ma anche lui come centinaia e centinaia di scrittori, cineasti, artisti in genere non ha perso l’occasione per intingere la cinepresa nel profondo mare del Fascismo. Un mare redditizio dove non esiste contraltare. A maggior ragione quando ha scelto, all’indomani della vittoria elettorale di Giorgia Meloni nel 2022, di girare completamente la serie in italiano.
Dopo aver trasformato Benito Mussolini in una sorta di surrogato trumpiano - il Make Italy Great Again che fanno pronunciare a Luca Marinelli durante lo sceneggiato è la quintessenza di questa capriola ideologica - gonfio e bolso con tutti i tratti del gigantismo U.S.A. Lo scrittore americano Henry Miller, nel libro “Incubo ad aria condizionata”, alla fine degli anni ‘30 in piena Seconda Guerra Mondiale dipinse, esso stesso, gli States come qualcosa di quanto più lontano dalla gioventù e dalla vitalità. Tratteggiando una nazione divenuta «frutto marcio prima d’aver avuto la possibilità di maturare». Proprio in questo scenario staglia il suo piagnisteo Wright. Mentre le piattaforme di cinema e serie tv in streaming cancellano prodotti Lgbtqia+, difformi completamente dalla verità storica o con stigmi di razzismo al contrario perché hanno stancato il pubblico. Un proverbio napoletano, sicuramente greve, recita “non sputare in cielo, che in faccia ti torna”. Perché, del resto, guardare le previsioni quando l’ombrello è stato dimenticato a casa?