Forzature
Il Grande Fratello non è il problema dei nostri ragazzi: l'ultima follia del Codacons
Dice il Codacons che Il Grande Fratello è diventato disumano. Concetti forti, conditi di parole grosse che spesso fanno più (o solo) da richiamo per chi anima la polemica anziché produrre chissà quale conseguenza reale. Nemmeno sotto il profilo del caro vecchio “dibattito”. Anche perché, va detto, sono passati i tempi nei quali il Grande Fratello poteva considerarsi al pari di un esperimento sociologico animato da riferimenti letterari. Il richiamo al capolavoro di Orwell è rimasto nel titolo e il resto, come ogni aspetto della vita pubblica (e privata) è materiale che diventa meme da social. Ovvero quell’ambiente e quello schermo dal quale buona parte dei protagonisti di quel programma ormai proviene e spesso è destinato a tornare (o a restare, dipende dai punti di vista). Èuna analisi, crediamo, equilibrata, che riporta tutto alle giuste misure. Non dev’essere così, però, per i rappresentanti del Codacons che, giusto a un passo dalla finalissima del reality più longevo della tv italiana (e anche questo è un indizio sull’efficacia e resistenza di un format), si trova a sollevare un’indignazione addirittura vibrante contro l’edizione in corso della trasmissione che, si badi bene, è iniziata sei mesi fa.
DAGLI A PIER SILVIO
Se i concetti gravi, tuttavia, non fossero bastati, allora (da manuale del dell’imperfetto comunicatore in cerca di visibilità) al Codacons hanno pensato di puntare direttamente sull’ad di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi che da editore dovrebbe trasformarsi in censore degli autori della trasmissione e in una sorta di padre premuroso di tutti i suoi telespettatori. Una visione pedagogico-televisiva fuori tempo e senza fondamento. Vale la pena ricordare al Codacons che il Novecento catodico è finito da un pezzo e in questa società ormai digitale e “multischermo”, soprattutto tra i minori, sono decisamente più popolari gli schermi dei social network.
BERSAGLIO SBAGLIATO
Eppure, nonostante gli sforzi (anche del governo) per favorire un utilizzo consapevole dei social, sono davvero poche le famiglie che si preoccupano di utilizzare il blocco dei contenuti non adatti ai più piccoli. E in quel caso non crediamo che Zuckerberg o imprenditori digitali vari stiano molto a preoccuparsi dei richiami dei “consumatori turbati”. Il bersaglio è sbagliato, perché proprio Pier Silvio Berlusconi, ben prima del Codacons, ha sollevato il problema. Ricordando a tutti anche un altro aspetto fondamentale: la televisione è uno strumento e la responsabilità di chi guarda non può ricadere solo su chi trasmette. È a questo punto del dibattito (qualora ne nasca realmente uno) che si dovrebbe andare a cercare il punto focale che non è né a Cologno né dalle parti della casa (non più) di Cinecittà. Ma nel cuore delle case di ciascuno di noi. Laddove né la tv e ancor meno i social possono essere utilizzati come baby sitter a costo zero. La vera soluzione, infatti, è tutta nella responsabilità e nell’autorevolezza dei genitori che, a fronte del peggior programma o del peggior contenuto social possibile, dovrebbero riuscire a imporre il loro argomento, verrebbe da dire, in punta di educazione. E spegnere lo schermo della tv o dello smartphone, quando è necessario, per accendere un confronto su come sia effettivamente meglio vivere e comportarsi.