Traumi da Festival

Sanremo 2025, le dame di Capalbio sfregiano Simone Cristicchi: l'ultimo insulto

Ehi, ma che vi ha fatto Simone Cristicchi? Dico a voi, che state sempre su lavagne mediatiche a stilare la lista dei cattivi e dei buoni, a voi risentiti di Repubblica dove il livore anti -Sanremo (quest’anno purgato dai predicozzi) è andato di pari passo con la stroncatura della canzone “Quando sarai piccola”. Ha cominciato Cuzzocrea e ha finito (per ora) il duetto Mirella Serri-Francesco Merlo (non ci sono solo i duetti dell’Ariston) sempre su Repubblica. Lei lancia la palla (apposita letterina ad hoc): ma quella di Cristicchi non «è una versione peggiorativa del mammismo?».

Lui la tira in rete: non solo omaggio all’Italia paese della mamma e al trend vittimista ma «lagna davvero degna di questo Sanremo che è stato il peggiore di sempre». Ma quanto gli è rimasto sullo stomaco il Sanremo non normalizzato ma normale, cioè con le canzoni al centro e con lo share più alto di quello con le limonate di Rosa Chemical? È per quello che lanciate questa fatwa, con stile dame di Capalbio ovvio, mica come il dissing del trapper buzzurro che si mette collane da due chili di oro.

 

Oddio questo Cristicchi, che lagna... Che poi è lo stesso che faceva i recital sulle foibe. «Mi viene in mente», ha detto il cantautore, «lo spettacolo “Magazzino 18” per cui sono stato molto criticato da una certa sinistra, è stato un prezzo che ho pagato a livello politico». E dopo cinque anni di assenza che fa? Si mette a parlare dei malati di Alzheimer, quando ci sono ben altre tragedie, ben altri problemi, ben altre denunce sociali da portare all’Ariston. È piaciuto pure a Elly Schlein ma non è servito a nulla. Vuoi mettere urlare contro il genocidio a Gaza? Vuoi mettere anziché queste mamme onnipresenti i monologhi su quelle che i figli non li hanno fatti?

Vuoi mettere la genialità di uno stump-stump-stump mentre si canta dell’onda alta che sta travolgendo i poveri migranti? E invece questo è il Sanremo peggiore, per gli annoiati progressisti che amano trastullarsi sempre con un nemico. Infieriscono su Cristicchi perché persino Roberto Benigni non ha dato loro soddisfazione: niente battute cattive su Trump, salvata Giorgia Meloni che Musk vorrebbe sposare su Marte. Ma dove andremo a finire? Torniamo a Beniamino Gigli? Bei tempi quando Virginia Raffaele perculava la sua canzone “Mamma” nei suoi sketch del Sanremo edizione 2019.

Contro il mammismo italiano però c’è poco da fare, alla fine pure i vincitori dedicano il premio a “mammà”. E sono altri travasi di bile. Perché c’è la maternità buona (quando affitti l’utero) e quella retrò, nazionalpopolare, “di destra”, cioè quella naturale. Supremo orrore. E così, mentre già qualcuno/a starà scrivendo pezzi sul patriarcato che ha impedito a una donna di salire sul podio di Sanremo 2025 è bene che si sappia che la linea è “resistere” al carlocontismo e stroncare Cristicchi e – non potendo esaltare Benigni – ripiegare sulla Geppy, arguta, ironica, che classe... (soprattutto perché non manda baci a Giorgia) e poi tanti ma tanti complimenti a Mahmood coi suoi lustrini fluidi, i bicipiti in mostra, stiloso come può esserlo uno vestito da Ramona Tabita. Il Sanremo democristiano dell’et et non può andare bene di questi tempi in cui occorre schierarsi. O di qua o di là, bisogna scegliere chi è il primo della lista nella versione antifascismo sanremese: Cristicchi era, in fondo, il bersaglio più facile.

Non c’è voluto uno sforzo particolare per individuarlo. Quanto al mammismo, se la sinistra lo osteggia perché ritiene pericoloso rivendicare la “natura”, la destra lo ha osteggiato con motivazioni più profonde. Lo scriveva sul Borghese Giovanni Ansaldo, amico di Longanesi: basta coccolare i figli, «il mammismo come in famiglia porta alla carezza, all’indulgenza, al perdono, così in politica porta alla transazione, al cedimento, al calamento di brache adottati come sistema». Viva la mamma allora, abbasso il mammismo.