All'Ariston
Roberto Benigni "Fratello d'Italia" ci risparmia il sermone
Quando alle ore 12.15 di ieri (minuto più, minuto meno) il direttore artistico del carrozzone festivaliero ha annunciato al popolo «Ho un sorpresone!», nelle menti appannate dei giornalisti si sono manifestate visioni fantozziane: «E chi sarà mai costui? Donaldone Trump? Fonzie? Valeria Marini? Rita De Crescenzo direttamente da Roccaraso?». Nulla di tutto questo. «L’ho inseguito per anni e ho il piacere di annunciarvi che questa sera sarà con noi Roberto Benigni!». Su “Benigni” alcuni giornalisti alle prime armi non ce l’hanno fatta: «Noooo! Un’altra volta la Divina Commedia, noooo!».
E un altro, rivolto direttamente al Santo Patrono: «Ti prego Remo, ti scongiuro, dimmi che non parte con la versione in prosa degli Articoli della Costituzione, piuttosto iniettami la canzone di Tony Effe in vena, ma un’altra lezione di Roberto sulla Costituzione noooo!». La giornata è trascorsa tra interrogativi e sudorazioni («il Purgatorio noooo!») e, alla fine, ci siamo tolti il dente: alle ore 20.45 il Premio Oscar è salito sul palco dell’Ariston per fare... una banalissima marketta al suo prossimo spettacolo in prime time (mercoledì 19 marzo su Rai1, Il Sogno). Niente di più. Ovviamente l’ha dovuta condire e lo ha fatto sparando a destra e sinistra senza farsi troppi problemi. E, suvvia, ha funzionato, ci ha strappato belle risate e, soprattutto, ci ha risparmiato il sermone.
E uno (stoccatina a Salvini): «Il Festival è magnifico! Bravo Carlo, hai bloccato l’Italia! Tu dovresti fare il ministro dei Trasporti!». E due (immancabile fascio-riferimento): «Ma non parliamo di politica che è pericoloso. Ho salutato Marcella Bella e le ho detto “Bella Ciao!”. Un casino! Per par condicio ho dovuto salutare anche i Neri per caso». E tre (punzecchiatura ad Amadeus): “Comunque Carlo sei puntualissimo. È il festival della canzone svizzera! Quelli di Amadeus non finivano mai! Pensa che dietro alle quinte ho trovato cantanti dell’anno scorso che aspettano di esibirsi». E quattro (mazzolata alla sinistra): «Comunque ci stanno guardando tutti, anche Elon Musk! Ci guarda dal satellite. Su X ha già votato per il suo vincitore. Giorgia... Mettiamoci l’animo in pace, Giorgia ci sarà per tanto tempo...». E cinque (cazzatella su Trump): «Trump dopo la Groenlandia e il Canada vuole anche la Liguria. Ha già detto che devono accettare pacificamente, altrimenti mette un dazio sulle trofie al pesto». E sei (altra mazzolata mancina): «Tu Carlo hai fatto il campo largo, sei stato l’unico a tenere insieme tutti...». E sette (la più bella): «Siamo un popolo straordinario, abbiamo solo qualche difetto, soprattutto la tendenza a salire sul carro del vincitore. Ora, per dire, ha vinto la destra e sai quanti son saliti sul carro... Noi di Fratelli d’Italia ce ne siamo accorti...». E giù risate grasse. Il Piccolo Diavolo canticchia l’Inno del corpo sciolto, ricorda il suo prossimo show, saluta il presidente Mattarella e, infine, se ne va. Bravo, davvero niente male.
E pensare che poche ore prima l’altro Roberto, Saviano, ci aveva tenuto moltissimo a dire la sua sull’assenza di monologhi voluta dal sciur Conti: «Un’altra caratteristica del Sanremo sovranista è l’assenza di monologhi, far credere che lasciare spazio a un monologo sia una cosa ormai noiosa (...) Far passare il monologo per noioso è un modo per non scegliere, non prendere posizione, non approfondire». E invece è arrivato Benigni in prime-time, ha detto quello che ha voluto fino a quando ha voluto (persino Conti questa volta non ha messo fretta!), si è preso i suoi meritati applausi, è uscito di scena e in un modo o nell’altro ha zittito tutti coloro che stavano cavalcando l’inno alla censura sovranista. Alla faccia di TeleMeloni, cari petulanti, prendete e portate a casa. Con Benigni ci si vede a marzo. E l’anno prossimo a Sanremo, ovvio (un motivo per richiamarlo si troverà).