Il cantautore

Sanremo 2025, la sinistra odia Cristicchi perché non fa parte del circolino rosso

Pietro Senaldi

Strano il suo destino, canterebbe Giorgia, che i bookmaker danno favorita nel contendergli la vittoria finale. Lui è Simone Cristicchi. In un Festival che tali esponenti del Pd e molti loro gazzettieri di fiducia criticano perché «trascura tutto quel che è impegno e lotta collettiva» (citazione da Annalisa Cuzzocrea, Repubblica), il cantautore romano ha sfoderato il pezzo più profondo, Quando sarai piccola.

Dovrebbe essere portato in palmo di mano da chi da sempre concepisce l’Ariston come palcoscenico sociale. Però Cristicchi parla della mamma, malata di Alzheimer, alla quale, se mi chiedi «il perché di quell’anello al dito, ti dirò di mio padre, tuo marito», e allora non va bene. Sentimenti pudichi, dolori comuni, matrimoni che sopravvivono alla morte, storie che arrivano a tutti senza necessità di una propaganda sensibilizzatrice, sofferenze che non accusano il sistema sanitario ma si limitano alla «rabbia di vederti cambiare e alla fatica di doverlo accettare» e quindi sono banalizzati perché è «solo romanticizzare la malattia, non chiedere sostegno per le famiglie» (solito copyright).

PARAOCCHI
Ma bisogna avere i paraocchi dell’ideologia per non capire che l’ambizione del brano non è proporsi come un’enciclopedia sull’Alzheimer, bensì raccontare il rapporto genitore-figlio, quando si modifica nell’ultimo capitolo della storia e i ruoli possono arrivare a ribaltarsi. È un testo universale, infatti la canzone piace a tanti, anche ai giovani, che ancora vivono con mamma e papà, e la prima sera su Instagram, casa virtuale dei ragazzi, ha fatto un milione e 800mila visualizzazioni, cinque volte quelle degli altri.

«Canzone furba e retorica, che non racconta la parte feroce, imbelletta l’orrore e tradisce i malati e chili assiste, perché chi cura è quasi sempre solo e senza applausi» l’ha definita Selvaggia Lucarelli, alchimista di cattiverie spregiudicate e correttezze talebane, che forse avrebbe preferito che l’artista spiegasse alla madre in platea («urlava di gioia», ha raccontato il cantautore) che non ne poteva più. Ma ciascuno con la mamma ha un rapporto tutto suo e lei, bestialmente linciata dai social croce e delizia per essere corsa in tv a ridosso della morte della sua, dovrebbe saperlo.

C’è chi sublima la sofferenza nel lavoro, chi aprendosi agli altri e facendoli piangere, chi lanciando crociate. Vale tutto, perché è il festival di Conti, quello dell’inclusione, dove i brani vengono giudicati per quel che valgono musicalmente, non per il messaggio che portano o il contesto nel quale si inseriscono. A proposito, come mai nelle stesse colonne dalle quali si contesta a Quando sarai piccola di non affrontare il dramma dell’Alzheimer nella sua dimensione sociale, non trova celebrazione la performance del Teatro Patologico, che ha portato i disabili a cantare sul palco? Un inno alla diversità che i media progressisti hanno ignorato.

LA POLEMICA
Qualcosa è cambiato. Lo ha detto Cristicchi, rivelando che «cinque anni fa avevo proposto la canzone ad Amadeus, ma ora lo ringrazio per averla scartata, perché nei suoi Festival mi sarei sentito a disagio» e lo ha confermato il presentatore scorso, rispondendo che «la canzone aveva un testo bellissimo, ma magari non per quel Festival perché c’erano altri brani e quello usciva dal mosaico musicale». Ma che vuol dire? Cristicchi non c’azzeccava con Gabbani, Rita Pavone, I Pinguini Tattici e gli altri protagonisti di Sanremo 2020? Forse la risposta è nel testo della canzone di Diodato, vincitrice di quell’edizione, «Sai cosa penso? Che non dovrei pensare... Che se poi penso, divento un animale».

Il peccato di Sanremo, e di Carlo Conti, che ne ha cambiato la narrazione, non è essere disimpegnato, bensì essere impegnato non nel modo in cui piace a chi da sempre si ritiene padrone del salottino politico-intellettuale della tv e non sopporta che un altro ne diventi il primo attore, tanto più se gli riesce di aver più seguito.

Questo Festival non cura orticelli, si estende a tutti i campi, anche a quelli su cui non è di moda piantare bandierine e fa arrabbiare le donne di sinistra. Simonetta Sciandivasci, sulla Stampa, non ne può più dei cuoricini, delle canzoni d’amore, la irrita l’omaggio di San Valentino fatto alle donne, «non è mica l’8 marzo», sbotta, maledicendo «l’amore romantico, l’ordinarietà e la controriforma della famiglia queer», dove il sentimento è vero perché difficile.
E poi l’insulto, siccome Conti ha detto che è antifascista e a Sanremo non si vedono braccia alzate, si rispolvera la Dc: «Quest’edizione è un regressum» allo Scudo Crociato. E il grande rimpianto: è il festival delle canzonette e qui nessuno parla di genocidio, basta con questo “patetico” alzheimer.

La vittoria del nuovo corso Rai è aver messo in soffitta le isterie del politicamente corretto rispondendo non con toni forti, ma con la normalità e l’ineluttabilità della realtà. È questo che ha fatto saltare gli schemi alla sinistra, che non potendo attaccare il presentatore, visti gli ascolti, ha preso Cristicchi e ha cominciato ad applicare contro di lui il metodo in voga per la Meloni: per infangare il nemico vale tutto. Il Pd attacca a testa bassa, con l’onorevole Roberto Morassut che sintetizza in Simone tutti i mal d’Italia e del Festival: «Un mix di preoccupazione, malinconia e nostalgia, questa è l’Italia, come nella canzone di Cristicchi». E poi ancora, dal post riesumato in cui l’artista critica l’utero in affitto, che gli viene rinfacciato come un crimine, mentre il reato è invece la gestazione per altri, allo spettacolo teatrale Magazzino 18, in cui il cantautore racconta il dramma delle Foibe, guadagnandosi dai progressisti dem e dai loro alleati l’accusa di essere fascista. E la denuncia dei crimini dei partigiani rossi e dei comunisti titini è un’altra colpa che Cristicchi e sua madre devono scontare di fronte al tribunale del popolo. Oggi è il giorno del giudizio. Nel 2007, l’artista romano vinse all’Ariston con Ti regalerò una rosa, altro testo impegnato sul disagio, straziante, al confronto del quale Quando sarai piccola è una ninna nanna, ma allora a Palazzo Chigi c’era Romano Prodi e quindi Sanremo non si criticava. Presentava Pippo Baudo. Oggi c’è Carlo Conti. Certi Festival fanno un giro immenso e poi ritornano... Per l’intanto, il cantautore ha già vinto, ieri, il premio Siae Sanremo 2025.