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Sanremo 2025, i testi delle canzoni: overdose d'amore, chi si gioca il premio più prestigioso

Leonardo Iannacci

Fumo, amore e (poca) fantasia quest’anno all’Ariston. Fumo, perché l’arrosto succulento manca in molti testi delle 29 canzoni servite sulla tavola di Sanremo 2025. Amore, perché l’80 per cento di queste analizza tutti, ma proprio tutti gli aspetti di questo sentimento. Poca fantasia perchè la voglia di addentrarsi in problematiche pseudo-impegnate, intimiste, è rara nei brani che ascolteremo sul palco dell’Ariston da martedì 11 febbraio. Allorchè sarà cantato un micromondo, non un macromondo (Carlo Conti dixit). Sgomberiamo subito il campo citando i pochi artisti che propongono brani diciamo socio-esistenziali, candidati quindi a vincere il nobile Premio della Critica: Simone Cristicchi, nella dolorosa Quando sarai piccola, confeziona una preghiera laica per la madre sofferente di Alzheimer: «Rallenteremo il passo se camminerò veloce, parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce».

Rocco Hunt parla invece di omicidi assurdi nella sua Napoli che ama tanto («vedo le facce degli amici ca nun ce stanno cchiù») mentre in Volevo essere un duro, Lucio Corsi che vorrebbe farsi “re di Porta Portese” si scopre poi fragile: «Non sono nessuno, ho anche paura del buio». E se Brunori Sas riflette sul mestiere di essere buoni genitori («Sono cresciuti troppo veloci questi riccioli meravigliosi... e ora ti vedo camminare con la manina in quella di tua madre»), Willie Peyote cita persino i Jalisse e invita a ragionare su pericolose tentazioni in Grazie ma no grazie: «Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare... nelle piazze, grazie ma no grazie».

 



ENIGMA FEDEZ
Diventa piuttosto complicato arrovellarsi su quello che vorrebbe insinuare Fedez in Battito: «Ti porterei in terapia solo per farti capire il male che fai... le paranoie hanno bisogno di troppe attenzioni». Altre oscure frecciate alla ex Chiara o alla depressione fra «seratonina, fluoxetina e paranoie»? Tony Effe, innocuo, rifà Califano nello stornello romano Damme na’ mano: «Damme ‘na mano che c’ho ner core solo ‘na donna e ‘na canzone». A proposito di donne, nella colorita schiera di ugole rosa che piomberanno all’Ariston, l’unica a celebrare il femminismo è una signora di 72 anni: Marcella Bella. In Pelle di diamante, scende dalle montagne verdi e scatena un orgoglio ferito («Come me non ne trovi nessuna») fino a urlare «Stronza, forse, ma sorprendente... sono una mina vagante».

Di anni ne ha 74 ma nell’elegante Tra le mani un cuore (by Tiziano Ferro) Massimo Ranieri ricorda che perdere l’amore fa davvero male: «La vita intera con il cuore in mare... Il mondo l’ha già fatto a pezzi eppure lì rimane». Dicevamo che il sentimento eterno, sia pur in crisi, resta protagonista in brani laddove latitano le tematiche del pop di qualità, langue il trap-rap e il rock è definitivamente defunto. Trionfano il disimpegno e la fuga dalla realtà, entità che assomigliano ai tre comandamenti del Sanremo che fu quando la rima combaciata fiori-amore-cuore era un marchio di fabbrica indelebile. E stiamo parlando del millennio scorso quando Pippo Baudo imperava e, prima di lui, Orietta Berti faceva commuovere mezza Italia con Io, tu e le rose.

L’amore che evapora sbuca in altre proposte di questo Sanremo 2025: Clara srotola un ottovolante di passioni in Febbre («Tu mi guardi dall’alto trascinandomi in basso»), Elodie riflette all’alba dopo una nottata di sesso in Dimenticarsi alle 7 («Ma che strano effetto che fa mandare giù la verità») e la Michielin fa la conta del dolore in Fango in Paradiso («Programmare un addio chiusi in macchina... quasi zero poesia, solo pratica»). The Kolors sfiorano l’hard nella spigliata pop-dance Tu con chi fai l’amore quando ammettono che «sale come un ascensore quando vengo da te...». Canzone che sfonderà in radio, comunque, come la precedente Un ragazzo, una ragazza che, dal Sanremo 2024, ci ha accompagnato sulle spiagge sino a Ferragosto. Nel tormentone latineggiante Chiamo io, chiami tu, Gaia prima dice di provare gusto «a stare nuda visto che nessuno giudica», poi alle prese con una telefonata importante si accorge, che non c’è campo ma non se la prende («menomale che non prende l’Iphone...»). Un Achille Lauro evidentemente senza ombrello sentenzia nella baglioniana Incoscienti giovani che «l’amore è come una pioggia sopra Villa Borghese». Nel testo della misteriosa Tana del granchio Bresh non svela affatto la ragione del titolo surreale scelto ma specifica: «Fammi solo sapere quando vuoi guarire... dall’espressione hai qualcosa da dire per me». Boh?

GIORGIA E MODÀ
Poi irrompe l’ottimismo di Giorgia che esalta l’essere diventata single in La cura per me («In questa stanza buia non sarò mai più sola») mentre i Modà realizzano a mente fredda in Non ti dimentico che «forse è vero, siamo fatti tutti e due per qualcun altro». Un discorso a parte meritano i Coma_Cose che nella radiofonica, scanzonata e divertente Cuoricini dapprima si sentono “una pozzanghera” e «come maionese ci stanno male», poi citano più volte quegli «stramaledetti cuoricini che tolgono il gusto di sbagliare tutto». Fra quindici giorni mezza Italia avrà nelle orecchie questi versi, ci scommettiamo. Ultime (ehm) perle: se cercate qualche riferimento felliniano nel testo di Amarcord che Sarah Toscano propone, scordatevelo. Semmai c’è la citazione di una diva francese: «Mi scioglierà le trecce di una vie en rose come Édith Piaf». Infine, in Anema e core, Serena Brancale omaggia Pino Daniele ma poi scivola in un verso che il grande Pino non avrebbe mai scritto, neppure sotto tortura: «Dammi un bacio su un taxi cabrio». E con questo, sipario. Il resto delle canzoni che ci perseguiteranno per una settimana non ci sembra, in tutta onestà, materia per enciclopedie.