Dito puntato
Sanremo, la bomba di Marisa Laurito: "Un brano perfetto. Ma Amadeus..."
Marisa Laurito, oltre trentacinque anni dopo l’epopea pop de Il babà è una cosa seria, dodicesimo al Festival di Sanremo del 1989, ha un altro pezzo pronto per il palco dell’Ariston.
L’aveva già presentato ad Amadeus e non è stato scelto, «Niente di grave però... Il brano me lo hanno regalato Lorenzo Hengeller e Mario Scaletta per i miei 70 anni. È talmente bello che ho deciso di non pubblicarlo perché penso proprio che lo manderò di nuovo. È perfetto per Sanremo».
Non è, dunque, un’ossessione ma un piacere quello dell’attrice napoletana, allieva di De Filippo, da sempre amatissima anche dal pubblico televisivo.
In queste settimane Marisa sta vivendo ben due successi sul piccolo schermo: nei panni di Zia Rosa in Mina Settembre, appassionante fiction della domenica sera di RaiUno e in quelli di giudice nel cooking show Celebrity Chef su Tv8.
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Marisa, sembra essere in perfetta forma, come del resto la serie Mina Settembre che, alla terza stagione, è sempre più amata dal pubblico...
«Mi fa piacere ovviamente che gli ascolti siano buoni. Ma quello che mi piace di più di Mina Settembre è proprio la serie in sé perché è davvero fatta bene. I personaggi sono naturali, i racconti moderni, cose che possono avvenire nella realtà quotidiana. Il mio personaggio è un punto di forza perché è il focolare della casa, la donna che quando tutti tornano sta sempre lì e accoglie. Un ruolo piacevole da interpretare, molto caldo che mi somiglia moltissimo».
Qual è l’ingrediente secondo lei che rende così vincenti le fiction della Rai?
«Hanno quello che purtroppo manca ai programmi di intrattenimento che stanno vivendo un periodo di bassa stagione e non riescono ad essere attraenti allo stesso modo».
Ora anche lei come Renzo Arbore si mette a dare lezioni di come dovrebbe essere l’intrattenimento in tv?
«Renzo fa molto bene a farlo perché in questo modo ricorda a tutti come facevano televisione i grandi personaggi con i grandi comici e la grande musica. Con raffinatezza e qualità. Un’operazione che dovrebbe essere presa d’esempio per alzare il livello dei programmi che ci sono oggi».
Cosa ha rappresentato per lei la sua amicizia con Arbore?
«Con Renzo e Luciano De Crescenzo avevamo un gruppo straordinario. Con Renzo è ancora un’amicizia importante fatta di viaggi, tante feste di Natale trascorse insieme. Un rapporto interessante perché si è fondato sulla quotidianità dal 1975/76 quando ci siamo conosciuti, prima ancora di fare Quelli della notte. Sono cinquant’anni ormai».
Negli anni vi ha fatto più sorridere o vi ha disturbato il fatto che spesso si sia parlato di una storia d’amore proprio tra lei e Arbore?
«Ci ha fatto solo che ridere. Non solo perché non c’è mai stato nulla tra noi ma perché non ci è mai nemmeno passato per la testa. Immagini che un po’ di tempo fa Renzo, mentre mi faceva vedere dei pezzettini di quello che avevamo fatto negli anni, notò un balletto che io facevo con la Barilla Boogie Band. Mi si è rivolto dicendo che certo all’epoca avevo delle belle gambe! Per farle capire quanto proprio non era minimamente nelle nostre menti qualcosa di diverso dall’amicizia. Per me, poi, un amico non ha genere, è come asessuato. L’amicizia è una magnifica forma d’amore ma totalmente diverso dall’amore passionale».
A proposito di amicizia è un anno che non c’è più Sandra Milo. Lei e Mara Maionchi siete state le ultime a lavorare con lei. Cosa lascia e cosa manca di più di quella “bambina” di 90 anni?
«Sandra è stata una persona molto speciale, come donna, come madre e per tutto quello che ha dato al cinema. Nella sua vita ha dimostrato di possedere anche una grande forza perché all’epoca per una donna non doveva essere molto facile lavorare. Una donna speciale sia per la forza, per l’amore, per la trasgressione e la personalità. È stata un esempio per i giovani anche se mi sembra, purtroppo, che i ragazzi oggi non abbiano più tanta voglia di studiare il passato. E questo è molto grave».
Lei all’inizio, oltre De Filippo, ha avuto dei modelli?
«Io da giovanissima, quando avevo deciso che volevo fare l’attrice, andavo a guardare tutti i più grandi. Cercavo soldi per andare a teatro. Per la curiosità di apprendere andavo a vedere anche cose che non mi riguardavano direttamente, che non mi piacevano. Ma oggi, le ripeto, vedo che molti giovani questa curiosità non ce l’hanno...».
Tra l’altro, a proposito di grandi del passato, il suo 2025 a teatro è iniziato sulle orme di Pupella Maggio, interpretando il ruolo di questa grande attrice nella piece Persone naturali e strafottenti...
«Sì, quel testo di Patroni Griffi lo adoro. Pensi che dal 2018 a oggi l’abbiamo portato in tantissime sale a Roma oltre che in tournée anche fuori.
Ricoprire il ruolo che è stato di Pupella Maggio per me è sempre un grande onore, un piacere ma soprattutto una responsabilità. Pupella era un’attrice assolutamente straordinaria, specialissima e atipica. Dire brava è dire poco perché aveva una grande personalità e quella caratteristica tutta sua nel parlare con le parole che le uscivano quasi spezzettate. Davvero straordinariamente brava».
Lei ha avuto modo di conoscerla o lavorare con lei?
«L’ho conosciuta e ho lavorato con lei quando recitai per Eduardo. Poi le ho fatto anche un’intervista su richiesta di Giulio Baffi (attore e critico teatrale ndr). Ricordo che Pupella mi ricevette a casa sua. Fu un piacere e un onore».
Tornando alla tv di oggi. Sta seguendo la serie Sky su Mussolini?
«Ne ho visto dei pezzi, ma non mi ha affascinato. Hanno realizzato un Mussolini da un lato troppo drammatico, dall’altro quasi macchiettistico».
Da attrice cosa pensa della sofferenza testimoniata da Luca Marinelli dopo aver interpretato il Duce?
«Capisco la sofferenza che può aver provato nell’interpretare un uomo così arrogante, violento e senza amore verso il prossimo. Lo capisco perché io stessa all’inizio, quando volevo fare l’attrice drammatica, ricordo che a fine serata, anche se lo spettacolo era andato bene, uscivo dal teatro sempre profondamente avvilita».
In attesa di tornare all’Ariston, guarderà il nuovo Sanremo di Conti?
«Certo. Sanremo lo guardo sempre, anche solo per capire che aria tira... Speriamo che sia molto bello. Con una maggiore varietà rispetto agli ultimi anni nei quali è stato fatto solo largo ai giovani... Ma non è sufficiente perché il bacino televisivo è molto più ampio e una trasmissione popolare come il Festival deve offrire una musica bella e variegata che possa piacere davvero a tutti».
La sua battaglia di civiltà peri diritti delle donne iraniane ha fatto progressi?
«Purtroppo no. Non solo non ha fatto progressi ma stiamo regredendo. E non solo in Iran. Penso all’Afghanistan, a tutte le donne che arrivano qua in Italia come pure alle donne italiane, ora quanto mai vittime di femminicidi. I problemi delle donne se li stanno dimenticando».
E dal suo 2025 invece cosa si aspetta?
«Che accada quello che diciamo nello spettacolo che sto portando in giro con Enzo Granianiello Vasame – L’amore è rivoluzionario».
E dal suo Napoli? Colorerà ancora il suo testro Trianon Viviani tutto d’azzurro?
«Per ora non lo diciamo...Capiremo andando andando».