Al cinema
Angelo Duro "faro della destra": i compagni trovano un nuovo nemico
La sinistra ha trovato un nuovo nemico. No, non stiamo parlando di Elon Musk. Un altro nemico ancora, da aggiungere a una lista oggettivamente già abbastanza lunga. Il cattivo, il reazionario, l’uomo nero questa volta è un comico. Ancora non avete capito? Essì, i progressisti ce l’hanno con Angelo Duro, attualmente al cinema con “Io sono la fine del mondo”, che al botteghino sta battendo tutti.
A prenderlo di mira è stata Repubblica, con Stefano Cappellini che nella newsletter “Hanno tutti ragione” gli ha fatto pelo e contropelo. «Bisognerebbe andare a vedere questo film con Angelo Duro», si legge, «per verificare se la destra ha finalmente trovato il suo faro artistico, il piede di porco dell’egemonia culturale, là dove Sangiuliano ha mollato prima di cominciare, con Giuli troppo aristocratico per trovare l’uscita dal labirinto evoliano e Castellitto che ha lasciato il Centro sperimentale di cinematografia prima di restaurare tutto Squitieri». Il problema, pare di capire, è che Duro prende in giro il politicamente corretto. «Fa battute contro l’ambientalismo, l’educazione, la buona creanza, ringrazia i gay perché così ha più mercato con le donne. Ci voleva Duro per marcare lo spirito dei tempi, il vannaccismo, la richiesta di poter dire quello che dicono quasi tutti, però sentendosi eroi del libero pensiero. Vengono qui in Italia a fare i comodi loro. Si vestono così e poi si lamentano se le stuprano».
E ancora: «Prima era il Bagaglino, ora è Duro, il merlo maschio che a differenza di Lando Buzzanca – ultimo mito comico dell’ultradestra, ma purtroppo per il Msi non aveva grandi velleità intellettuali – è convinto di fare avanguardia culturale, e comunque la differenza principale resta che Buzzanca era un signor attore».
Riassumendo: Duro è il nuovo strumento dell’egemonia culturale della destra, osa fare battute contro l’ambientalismo e la buona creanza (questo conferma che è di destra, i comici progressisti scherzano su tutto ma guai a toccare ambientalismo e buona creanza) ed è convinto di fare avanguardia culturale, invece non fa ridere e non sa recitare.
La tesi, ovviamente, condita con un riferimento al Msi e un altro a quelli che dicono “si vestono così e poi si lamentano se le stuprano” (ma chi lo ha detto, a Cappellini, che questa sarebbe una frase di destra?). Ora, il comico in questione può far ridere o non far ridere, può piacere o non piacere, ma perché questo astio? Il problema pare molto semplice. Che sia di destra e no, Duro è un artista e non attacca la Meloni. Le due cose insieme per la sinistra sono imperdonabili. Se vuoi andare a teatro, fare film, magari pure uno show televisivo, devi schierarti con loro. Altrimenti ti fanno la guerra. O con noi o contro di noi. La qualità delle battute e della recitazione non c’entra nulla.
Nel tipico stile dei compagni, poi, non manca l’attacco a chi osa apprezzare gli spettacoli di Duro: «Dice alla gente che fa tutto schifo, specie la gente, e i più contenti di sentirselo dire sono quelli che più sarebbero utili a confermare la teoria, ansiosi di trovare nella cattiveria esibizionista di Duro una spiegazione al risentimento e alla frustrazione delle loro vite». Ecco, se ti piace Duro sei un frustrato, un disgraziato, fai schifo. E sicuramente voti centrodestra.
La questione, in realtà, non è che a sinistra non ridono delle battute di Angelo Duro. La questione è che da quelle parti non sanno più ridere di niente.
«Non sapete nemmeno scherzare», diceva Berlusconi. E come al solito aveva ragione...