Il conduttore

Amadeus ritorna coi piedi per terra

Alessandra Menzani

Ora, non per infierire su Amadeus, ma a 62 anni le cose le scegli, non ti vengono imposte. Il suo passaggio a Nove con il giochino in fascia access prime time Chissà chi è? era già una delusione in termini di pubblico, poi è stato chiuso, rimaneggiato, e successivamente ricollocato in tv; come poteva pensare che dopo la pausa natalizia, magicamente spostato in prima serata diventasse un programma di successo? Proposto una volta alla settimana e non tutti i giorni, è vero, fa meno danni, però i dati sono davvero deprimenti. Chissà chi è – Speciale ottiene solo 427.000 telespettatori, share 2,40%, più o meno il risultato di quando il programma era nella fascia precedente.

Amadeus è un caso da studiare. Come uno che ha trionfato per cinque anni consecutivi a Sanremo nel ruolo di conduttore e direttore artistico possa compiere una parabola tanto celermente rovinosa è mistero fitto; come sia possibile che la lezione di quando lasciò, decenni fa, la Rai per Mediaset non gli sia servita è un’enigma altrettanto curioso. Ok, 100 milioni di euro per 4 anni (mai confermati) non sono pochi. Ma lui nega che siano stati soldi il motivo dell’addio alla Rai, ma ragioni affettive. Si sentiva poco coccolato. Povero cuore.

«La Rai ha fatto di tutto economicamente per trattenermi», disse, «i due contratti sul tavolo del mio avvocato erano identici, ma è venuto a mancare qualcosa dal punto di vista umano e affettivo. Può sembrare una follia, ma io vado a sensazioni e alla mia età, 62 anni, il rapporto umano viene prima di molte altre cose. In Rai dal punto di vista affettivo non percepivo più quello che percepivo prima, anche se ci sono ancora tante persone che ammiro e che stimo: però le cose cambiano». Così è. Su Nove, per rastrellare un risultato che ripagasse almeno un decimo della spesa, è stata addirittura riesumata La Corrida di Corrado e affidata ad Amadeus. Gli ascolti sono stati buoni, sarebbe stato difficile il contrario pure se l’avessero data a Giucas Casella. Nonostante tutto, il 2024 per il gruppo Warner Discovery è stato un anno da record: terzo editore con il 9,4% di share nelle 24 ore e una crescita del +9% rispetto allo scorso anno.

Non certo grazie ad Ama. Come ha detto un ex dirigente Rai, «ci sono personaggio forti e personaggi-format». Amadeus fa parte della seconda categoria e infatti Affari tuoi, il gioco dei pacchi che con l’abbandono di Amadeus è passato a Stefano Di Martino, non ha sofferto. Il contrario. «È un mediano della tv: ha tanti, tantissimi limiti», ha detto a microfoni spenti un potentissimo dello schermo. Far parte della seconda categoria (che non è un insulto) significa che hai mestiere, ma non è che se ti sposti da una piattaforma all’altra la gente ti segue come fossi John Lennon. Tanti colleghi sono come lui, lavorano egregiamente, senza proclami o vittimismo. Ma Amadeus ha giocato con quella che i greci chiamavano hubris, quell’«atteggiamento di tracotanza, l’ardire di sentirsi simili agli dei». «La vanità: decisamente il mio peccato preferito», diceva nell’ultima scena Al Pacino nell’Avvocato del diavolo. Abbiamo reso l’idea.