Ora basta
Wanna Marchi e Stefania Nobile, "questo va ben oltre l'insulto": chi denunciano
Colpiscono duro, Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile. Dopo essere state al centro della cronaca rosa e giudiziaria tra anni Novanta e Duemila, condannate e finite in carcere, da qualche anno sono tornate sull'onda come imprenditrici. Sempre in prima pagina, anche sui social, e per questo bersagliate da sfottò e critiche. Ma qualcuno questa volta potrebbe aver esagerato e ora rischia grosso.
Mamma e figlia hanno dato mandato al loro avvocato di querelare per diffamazione un utente che commentando un post del locale di Milano frequentato dalle due le ha accusate di voler riciclare denaro sporco.
"Abbiamo da tempo interamente scontato la pena inflittaci dalla Giustizia Italiana al termine di un processo di vasta risonanza mediatica e da allora viviamo, come tutti, con il provento del nostro lavoro, per cui oggi non ci riteniamo cittadine diverse da chiunque altro - scrivono -. E crediamo che non possa essere consentito a nessuno di pubblicamente, quanto impunemente, prodursi in affermazioni e accuse non solo sprezzanti e malevole, ma all'evidenza gravemente calunniose".
A ricostruire la vicenda è il legale delle due donne, Davide Steccanella: sul profilo del gestore del noto locale a Milano, seguito da "259mila follower", "tale signor Antonio (nickname Tonisixsnine)", nel "riferirsi in modo critico al locale" ha postato lo scorso 6 dicembre "nello spazio aperto ai commenti pubblici degli utenti" frasi "di carattere gravemente diffamatorio". Oltre a sottolinearne il "turpiloquio", l'avvocato ricorda come l'utente parli apertamente di "riciclo di denaro rubato da due fantomatiche commercianti" che continua "a essere ripulito".
Per questo, denunciano la Marchi e la Nobile, è "palesemente diffamatorio, ben oltre il mero insulto, l'averci pubblicamente e indistintamente attribuito la paternità di una plurima commissione di gravi reati, per avere, si legge, messo in piedi un'attività commerciale appositamente destinata al ripetuto riciclaggio di denaro da noi rubato, al fine di garantirci l'impunità".
E «commenti pubblici di tal fatta rischiano di creare pericolose campagne d'odio indiscriminato nei nostri confronti», spiega Marchi, ex 'regina delle televendite' condannata in via definitiva anche per truffa assieme alla figlia. Entrambe chiedono, dunque, ai pm di identificare l'utente e di accusarlo di diffamazione.