Autogol

Propaganda Live, l'amico di Ramy smonta il luoghi comuni di Zoro

Fabio Rubini

Il piano sembrava perfetto: vado al Corvetto, faccio un paio di interviste a qualche ragazzo che, senza tanto sforzo, mi dirà che la destra fa schifo e il governo non fa nulla per le periferie. E se non me lo dice glielo faccio dire io. Più o meno deve essere quello che ha pensato il prode Zoro, conduttore militante di La7, che ha deciso di fare serata (anzi due) al Corvetto, quartiere milanese tornato alla ribalta per la morte di Ramy, il 19enne morto mentre con un amico scappava in motorino da un posto di blocco dei carabinieri. L’imprevisto - o se volete la sfiga, o meglio ancora il karma - però è sempre dietro l’angolo, pronto a colpire. E così la lunga intervista al giovane Nadir non sono non è riuscita a soddisfare i pruriti giornalistici, ma ha ottenuto esattamente l’effetto opposto a quello voluto. E il merito è tutto del 23enne che senza filtri e reticenze ha raccontato di un quartiere che ha sì un sacco di problemi, ma che non è disposto a “prostituirsi” per appoggiare questo o quel partito politico; questa o quella tesi anti-governativa. Andiamo con ordine. La scena si svolge su una panchina del Corvetto. Seduti uno accanto all’altro Zoro e Nadir.

Quest’ultimo, che la sera prima aveva organizzato la fiaccolata per Ramy, si toglie subito qualche sassolino: «Mi avevano avvertito che ci sarebbero state infiltrazioni dei centri sociali; anche il padre di Ramy si era dissociato dalla manifestazione. Invece non è successo nulla». Qui Zoro parte all’attacco... «avete fatto parlare esponenti politici di sinistra... è venuta anche la Lega, che non vi vede come italiani» e ancora: «Ma tu che pensi della politica? Per chi voti?». La risposta suggerita era ovvia: la destra fa schifo, la sinistra ci è vicina. Nadir però spiazza il conduttore: «Non voto. Sono tutti uguali. Promettono ma poi non fanno un cazzo». Tutti, compreso quel Pd che da anni si riempie la bocca di periferie, delle quali si dimentica regolarmente subito dopo la campagna elettorale. Avanti. Nadir è incazzato e lo dice, «perché qui hanno fatto di tutta l’erba un fascio. Non siamo tutti delinquenti e spacciatori». Zoro incalza, gli chiede se si sente discriminato e se, in qualche modo, il quartiere si sente offeso dalla narrazione. Poi chiede quali sono i problemi del Corvetto e Nadir lo gela: «I clandestini». Zoro quasi non ci crede e chiede spiegazione: «Ma chi sono i clandestini?». Risposta: «Quelli che vengono qui senza documenti e per mettersi in tasca degli euro commettono crimini». Roba che nemmeno Salvini...

 


Non riuscendo nell’intento, Zoro passa alla reticenza e davanti ad alcuni passaggi controversi, sceglie il silenzio. Quando Nadir spiega che i ragazzi sono scappati dal carabinieri perché quello che guidava non aveva la patente, non si sente in dovere di chiedere al ragazzo se ritenga giusto o sbagliato questo comportamento. Quando chiede a Nadir se conosce i cantanti di Sanremo e questi risponde che ne conosce una «Perché è una patata che va in giro a per le discoteche a sbattere il culo», si guarda bene dal fare uno dei suoi pipponi moralisti che solitamente dedica a malcapitati di centrodestra. La Caporetto di Zoro, però, è nel finale. Il ragazzo, dopo aver confessato di aver commesso crimini e di aver passato un periodo della sua vita tra «il carcere, la comunità e l’affidamento in prova», smonta l’ennesimo luogo comune della sinistra: «Non sempre il carcere fa bene, ma nel mio caso è servito a farmi capire la strada da prendere». E ancora: «Io ho sbagliato, ho pagato, ho capito». Chissà se anche Zoro avrà pensato la stessa cosa riguardando il suo reportage dal Corvetto. 

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