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Daniele Silvestri esalta i giudici ed attacca il governo: "Una costante, è così squallido..."

Daniele Silvestri non si nasconde più: "Io un cantautore comunista? Per un po’ di tempo ho preferito non usare quella parola perché rimandava a schieramenti, intestazioni di cause, bandiere, che sembravano avere un retaggio storico più che un reale rimando al mondo che questi ultimi venti anni hanno disegnato intorno a noi. Però, allo stesso tempo, se c’è una cosa che mi sembra evidente, è che questo mondo gira solo intorno all’autoritarismo, al mercato e al profitto, gli unici grandi vincitori di questa era storica".

Per l'artista "ci manca dell’ideologia il suo senso più forte, originario. Il pensare che ci possa essere un’idea, un pensiero che riguarda gli esseri umani e il pianeta". E l'ideologia, vedendo le critiche che riserba al governo, sembra essere proprio quella di sinistra. La riprova? Il suo concerto al Centro Sociale Occupato e Autogestito Forte Prenestino di Roma. Nonostante questo, però, a suo dire il dissenso non è ammesso. "È fisiologicamente impossibile che non si trovino le forme, il problema è che quando si inaspriscono le norme poi si inaspriscono anche le reazioni".

E, intervistato dal Domani, il cantante sembra voler dire la sua anche sul braccio di ferro tra magistratura e governo: "È una costante. Ed è così squallido vedere come chi pensa di poter avere il potere di fare come gli pare si scaglia contro chi gli ricorda che ci sono delle regole. Ma l’indipendenza della magistratura è uno dei principi cardine della nostra Costituzione". E ancora: "Si possono ridefinire le regole, ma prevaricare non è mai la soluzione. Le leggi devono portare a un miglioramento civile, ma in questo caso colpiscono le persone che non hanno voce per difendersi". Ecco allora il succo del discorso: "I migranti, i poveri, gli emarginati, o anche solo quelli che non si riconoscono in certe posizioni. C’è ancora la possibilità che venga valutato come incostituzionale, ma vale sempre la pena far sentire la propria voce".

 

 

Questo vale anche per le guerre in corso: "Sarà uno degli argomenti che toccheremo nel concerto - ammette -. Abbiamo delle colpe con cui fare i conti. Storicamente c’è chi ha raccontato che la Palestina non esiste. Oggi c’è quello che io chiamo 'genocidio'. Non si tratta di essere antisemiti, ma di riconoscere che c’è un massacro in corso e di volerlo fermare. Quanto è politica in questo momento storico la musica?".