Geolier, i "fratelli criminali" e le armi: il cantore della Napoli più violenta
Il grande torto di Geolier non è fare un rap violento, o meglio: non è solo questo. L’arte non è buona né cattiva in sé, e ciascuno può esprimersi come vuole (entro certi limiti, sucshiaramente). La vera colpa del cantante napoletano, idolo dei ragazzi con la pistola che imperversano per la città, ammazzando a sangue freddo chi abbia la sventura di incrociarne le scorribande, è lasciare che questi pazzi confondano palco e realtà, esaltandosi per le sue rime. Geolier ha scritto sui social «basta» dopo il quinto giovane ucciso a colpi di revolver in pochi mesi, ma non ha mai rinnegato la sua amicizia con il capoclan Crescenzo Marino, recentemente condannato a 10 annidi carcere per associazione mafiosa.
Anzi, in un’intervista lo ha giustificato, lo ha assolto: «Ci sta mio fratello in carcere, che era la mia spalla, era sempre con me. È in carcere per niente, perché a Napoli, anche se non lo fai, ma hai una situazione familiare che c’ha avuto a che fare con ’ste cose, tu l’hai fatto o non l’hai fatto, paghi». E ancora: «Mio fratello mi ha mandato un audio dal carcere, quella videochiamata che si può fare una volta al mese e mi ha detto: “Manuè, ti amo. Io sto conte”». Ma siamo noi a non stare con lui, a queste condizioni. È talmente forte il legame tra i due che il rapper doveva prenderne la difesa nel corso del processo, citato come testimone dagli avvocati di Marino. Solo che i legali hanno rinunciato all’ultimo perché Emanuele Palumbo (questo il vero nome dell’artista) era reduce da Sanremo, e sarebbe stato un colpo mortale perla sua immagine sfilare in aula, sottoposto alle domande dei pm antimafia Maurizio De Marco e Lucio Giugliano.
Eppure, su Instagram, ci sono ancora le foto di Geolier e Crescenzo abbracciati in vacanza, e in tante altre occasioni. Ed è al giovane boss che probabilmente Palumbo si riferisce quando si accalora: «Teng nu frat criminal e n’at figl e nu boss/Je so intoccabile a Secondiglian comm ’e Narcos». Se a Geolier stanno a cuore Napoli e i giovani napoletani perché non urla che la famiglia Marino, che ha ispirato addirittura il personaggio di Ciro Di Marzio nella fiction Gomorra, si è arricchita con il traffico di cocaina guadagnando circa 500mila euro al mese? Perché non spiega che gli scatti di Crescenzo in giro per il mondo (a Mikonos oppure al volante di una Ferrari con la Tour Eiffel sullo sfondo o, ancora, con un pitbull alla catena) sono macchiate di sangue e lacrime? Quelle di padri e madri che hanno visto i figli distrutti dall’uso degli stupefacenti, annientati nella volontà e nel fisico?
È impossibile che Palumbo, che in quel quartiere è nato e cresciuto, ignori le malefatte di suo «fratello» e del suo contesto familiare. Per i giudici, Crescenzo è subentrato al padre Gennaro (in cella da vent’anni) nella gestione degli affari della cosca di Scampia, che fu protagonista della sanguinosa faida che, dal 2004 al 2006, lasciò sull’asfalto almeno un centinaio di morti. I pentiti lo hanno riferito chiaramente e ancor più esplicito è stato Raffaele Barretta, l’ex contabile del clan. Intercettato al telefono con la moglie, l’uomo ha ammesso di dover restituire un’ingente somma di denaro a Marino, che lo aveva bandito dal rione con l’accusa infamante di aver rubato alla sua famiglia. Geolier scolpisca questo sui social, non generici appelli a non sparare.
I Marino sono i vampiri che hanno dissanguato l’area nord di Napoli. Lo zio di Crescenzo perse le mani lanciando una granata durante un attentato per finire poi trucidato sul lungomare di Terracina il 23 agosto 2012. La zia di Crescenzo, Tina Rispoli, è ancora in galera insieme al suo nuovo compagno, il neomelodico Tony Colombo, per associazione mafiosa e riciclaggio.
I due avrebbero ripulito soldi sporchi grazie anche all’attività musicale. Questo va raccontato agli adolescenti, non altro. Finché non lo farà, varrà sempre l’anatema del procuratore Nicola Gratteri contro chi gli offre ribalta e onori (come la medaglia della città, concessa dal sindaco Gaetano Manfredi).
E Geolier riconosca pure che il suo videoclip Narcos (46 milioni di visualizzazioni su YouTube) è un modello di vita che può finire solo in due modi: al camposanto o in galera. Tace, invece: perché? In quelle immagini, Emanuele si mostra su un pickup con un kalashnikov accanto mentre tutt’attorno spacciatori e trafficanti vanno in giro con borse piene di banconote e sparano con i fucili a pompa. «Trappo comm ’a Genny, mentr accir ’a nu cristian», intona. «Sott e terr e contadin stann spars e miliun/Ca stann e muort ca te parln chius rint e mur».
Sono i cadaveri dei nemici murati nelle case, come il gatto nero di Edgar Allan Poe. In Money canta: «Teng’ frat’ ca teneno ll’anne cuntate/’Ncopp”e ccarte firmate ’ra magistrati». L’esistenza criminale come epopea. Un orrore. E che cosa aggiungere al filmato del Capodanno 2022, quando incita la fidanzata a sparare con una rivoltella (forse una scacciacani) dal balcone? A Napoli la violenza minorile è diventata un’emergenza nazionale. Tutti hanno delle responsabilità. E non vale la scusa: sono solo canzonette.
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