Confessione

Roby Facchinetti, i ladri in villa, il collasso della moglie: "Mi hanno detto questa ora è casa nostra"

Roberto Tortora

Dopo quasi due anni da quel maledetto 29 gennaio 2023, Roby Facchinetti, tastierista e voce storica dei Pooh, ha raccontato per la prima volta della rapina che ha subìto nella sua villa di Bergamo e lo ha fatto in un’intervista al Corriere della Sera.

Una banda armata entrò dal cancello, poco prima delle 21, approfittando della porta lasciata aperta dal figlio Roberto per far rincasare il cane, uscito nel frattempo nel giardino della villa, a due passi dal Gewiss Stadium. Il terrore è stato atroce, come ricorda Facchinetti: “Il terrore è una bestia che ti entra dentro e non se ne va più, è diverso dalla paura. E io ho conosciuto il terrore per la prima volta quando ho avuto in casa, insieme ai miei cari, quattro rapinatori mascherati, vestiti di nero, di cui a malapena intravvedevo gli occhi, armati fino ai denti, che mi hanno puntato la pistola per tre quarti d’ora”.

 

 

 

Il tastierista dei Pooh descrive la scena, ancora viva nei suoi occhi: “Sono entrati in quattro, mentre due sono rimasti fuori, restando in contatto con le radioline. Io ero nel mio studio, in mansarda, aspettavo di fare una call proprio con i Pooh, programmata per le 21. I banditi erano entrati nell’appartamento di mio figlio Roberto e di mia nuora, chiedendo di me, le nostre abitazioni sono comunicanti. A un certo punto ho visto salire dalle scale mia moglie, Giovanna, terrorizzata, con un uomo vestito di nero, incappucciato. Mi ha fatto scendere. In quei momenti concitati, hai miliardi di pensieri, in primis la famiglia”.

Da lì in poi, tre quarti d’ora terribili: "Mentre li stavo accompagnando, sapendo della presenza dei nipotini, ho cercato di far desistere i rapinatori, dicendo che avevamo dato loro tutto, si erano presi gli ori di Giovanna, compresa la catenina della prima comunione, tutti i regali dei vari anniversari e orologi di lusso. Loro mi hanno detto: 'Questa è la mancia che ti daremo quando andremo via, perché casa tua ora è diventata casa nostra. Non abbiamo fretta'. Avrebbe potuto succedere il finimondo".

“Il malvivente che aveva scelto di starmi addosso era un energumeno che pareva Schwarzenegger, con l’accento dell’Est. Per 45 minuti mi ha puntato la pistola al collo. Voleva che lo accompagnassi da mia figlia Giulia, che vive nella casa accanto. Io lo prendevo a pedate senza pensare alle conseguenze. Ero in preda al panico, non ero padrone di me, ero in una dimensione in cui ero inconsapevole di quello che dicevo e facevo. A un certo punto, il malvivente si è rivolto al compagno e gli ha domandato: ‘Cosa faccio con lui? Gli sparo alle gambe?’.

 

 

 

La situazione degenera con il malore della moglie, Giovanna Lorenzi: “Mia moglie ha avuto un collasso ed è svenuta. Uno dei rapinatori ha detto a mio figlio: ‘Vai su da tua madre’. Roberto è corso con il cuore in gola. Giovanna era sdraiata a terra, a faccia in giù. Pensavamo avesse avuto un infarto. Quella è la fotografia del dramma. Con lei c’era un uomo che sforzava un accento sudamericano, in realtà italiano. A quel punto ha capito che le cose avrebbero potuto mettersi male. Una rapina significa una condanna a sette-otto anni di carcere: ma se c’è il morto, può arrivare l’ergastolo”.

I malviventi, poi, sono fuggiti in macchina senza lasciare alcuna traccia, sorretti dalla fortuna, perché nessuna telecamera pubblica era attiva in quella zona e quelle delle abitazioni private non hanno scorto nessuna immagine rilevante. E pochi giorni dopo, Facchinetti è addirittura salito sul palco dell’Ariston per il Festival di Sanremo: “Purtroppo nella mia zona, il Lazzaretto, non ci sono telecamere, fatta eccezione per quella dello stadio. Loro sono scappati per via Baioni e anche lì non ci sono telecamere. Sanremo? Come ho detto, il terrore non ti lascia mai. Neppure ora. Perché ti accorgi che siamo tutti esposti. Anche se, nella tragicità, ho vissuto un miracolo”.