L'intervista

Marco Columbro, la confessione: "Per i media ero morto"

Marco Columbro è un uomo dalle mille risorse con almeno due vite da raccontare. Una prima del 2001, l’altra dopo. Il nuovo millennio, infatti, non partì al meglio per colpa di una malattia cerebrale che lo colpì a fondo, lasciandolo in coma per venti giorni, dopo i quali è stata lunga la riabilitazione ma comunque vincente per l’attore e conduttore televisivo tornato avivere una quotidianità completamente normale, sostenuto dal figlio Luca, oggi 31enne «fa l’illusionista in Portogallo» e dalla compagna Marzia Risaliti «con la quale da 14 anni condivido ogni scelta», ci spiega.

«Con lei ho un rapporto dinamico...e poi è una lettrice appassionata di Libero!», ci confida con un sorriso. Columbro è senza dubbio uno dei volti più amati e noti degli ultimi due decenni del secolo scorso. Alcuni giorni fa è tornato in tv, diverso tempo dopo le sue ultime apparizioni, confessando a Nunzia De Girolamo nel programma Ciao Maschio una sua speranza recondita. «Prima di lasciare questo corpo vorrei arrivare a capire perché dopo la mia malattia, anche se ne sono uscito vivo, per i media ero come morto».

 

Marco, ci racconti com’è la sua vita attuale che ormai in realtà va avanti da almeno un paio di decenni...
«Vivo in provincia di Milano, ho un hotel nel sud della Toscana, nella Val d’Orcia, un posto meraviglioso, circondato da una natura ancora integra tra boschi e oliveti. È capitata l’occasione di ristrutturare un antico monastero. Avevo molte stanze e le ho destinate ad un albergo frequentato da turisti di tutto il mondo».

In tv invece proprio niente da fare... Conferma?
«In realtà un programma ce l’ho. Su un canale digitale che si chiama Business 24. La trasmissione si chiama Leader e faccio interviste a imprenditori green odi alta eccellenza e in Italia ho scoperto che ci sono una miriade di aziende che fanno prodotti straordinari e vendono all’estero. Chi fa vernici speciali, chi un tipo di carta riciclata. Eccellenze particolarissime e straordinarie».

Possibile che in tutti questi anni non abbiano provato a chiamarla al Grande Fratello o all’Isola dei Famosi?
«Quasi ogni anno mi fanno una proposta dal Gf ma non accetto perché, dopo 50 annidi professione che festeggio quest’anno, non mi porterebbe niente e non mi servirebbe nemmeno a niente, perché non ho bisogno di popolarità. Per cui: dal punto di vista professionale zero, da quello umano zero....Me ne sto a casa mia».

In ambito televisivo ha avuto modelli ai quali si è ispirato?
«Sono sempre stato del parere che in fase di crescita è giusto guardare i più grandi. Quando ho iniziato a fare il presentatore, ad esempio, mi sono ispirato a quelli che era i top: Corrado e Vianello. Loro sono stati per me le due colonne portanti e mi sono serviti come spunto per portare avanti il mio lavoro».

A proposito di grandi vecchi, lei nasce in teatro a fianco a un mito come Dario Fo. Che maestro è stato il Premio Nobel milanese?
«Dario è stato un maestro atipico perché quando insegnava la battuta la diceva in cinque sei modi diversi. A un certo punto non sapevi bene come farla... (Sorride) Però la vera lezione di Dario la si apprendeva osservando come stava sul palcoscenico, come si muoveva e occupava gli spazi e i tempi. Diventavo una spugna che assorbiva quello che lui faceva. Questo è stato il suo insegnamento più grande».

Il teatro, però, le è rimasto nel cuore e ha ripreso a frequentarlo anche dopo gli anni d’oro televisivi.
«Ricordo quando ho portato in scena Tootsie. Guardai almeno una decina di volte la videocassetta del film per vedere come Dustin Hoffman avesse interpretato il personaggio femminile.
Non l’imitazione o la parodia ma quella che doveva sembrare una donna vera. Per me è stato un grande insegnamento. Per Tootsie ho ricevuto anche un premio ma soprattutto quando le signore venivano a salutarmi in camerino mi dicevano che dopo cinque minuti in scena mi immaginavano come donna..- Facendomi poi i complimenti per le gambe!» (Sorride).

Ora viviamo nell’era della serialità. Lei l’ha inaugurata su Mediaset con Caro Maestro. Una fiction da 7 milioni...
«Nessuna fiction su Mediaset raggiunse più quei livelli. Per noi fu un vero orgoglio».

Perché la interruppe?
«Perché mi sentii un po’ imprigionato nel ruolo...Ma lo lasciai in eredità a Emilio Solfrizzi che ne fece una simile per altre due stagioni».

Lei ha condotto due edizioni di Miss Italia e lavorato sempre insieme a vere primedonne. Come è cambiato oggi il ruolo della donna in televisione?
«È cambiato molto. Oggi ci sono ancora quelle che fanno, come dico io, le bistecche in bichini ma la maggioranza di esse ormai vogliono parlare e non fare più soltanto le bella statuine.
Discorso che vale anche per le miss. C’è una maggiore attenzione alla persona, piuttosto che al solo fisico femminile. Mi sembra giusto».

È rimasto in contatto con tutte?
«Sono rimasto in contatto con Lorella Cuccarini con cui ho lavorato per più di 25 anni. Ogni tanto sento Elena Sofia Ricci. Le altre in verità sono un po’ sparite dal mio panorama di vita».

Ha avuto rapporti con Silvio Berlusconi, prima e dopo la malattia?
«Certamente. Ricordo dopo aver fatto le voci dei pupazzi. Di Five in particolare che era diventata la mascotte di Canale 5, un giorno mi presentai con dei modi da attore consumato, con l’atteggiamento un po’ spocchioso, dicendo che non ne potevo più, come se aspettassi la chiamata di Strehler che non è mai arrivata... Berlusconi che era intelligente, capì che stavo giocando a fare il furbetto. Quando gli chiesi: che voce volesse che facessi, lui me ne chiese una che fosse simpatica, petulante, da donnaiolo e da perdente. Io rimasi perplesso e gli dissi che sarei tornato dopo averla preparata. Lui mi prese sotto braccio, mi portò in studio e mi disse: ma no, ma come? Lei è un attore! Mi mise alla prova. Così mi inventai una voce che per fortuna gli piacque ma passai qualche attimo di terrore».

Ha continuato a frequentarlo anche quando scese in politica?
«Sì, sì. Ci sentivamo. In particolare ricordo dopo che negli anni 90 ebbi modo di incontrare il Dalai Lama in India. Un anno dopo, quando Silvio era presidente del Consiglio, mi chiamarono dal Centro tibetano in Svizzera, dicendomi che Sua Santità avrebbe voluto incontrare il presidente Berlusconi. C’erano problemi perché il Dalai Lama era considerato un terrorista dai cinesi. La Cina avrebbe potuto attuare ripercussioni economiche. Però lui mi disse subito che avrebbe avuto piacere ad incontrarlo e lo fece. Per fortuna non ci furono problemi coi cinesi».

Le toccò di fare un po’ da diplomatico...
«Un’altra volta stavo recitando in una commedia a Milano con Lauretta Masiero. Lui quello stesso giorno doveva essere alla Scala per la rappresentazione di un’opera. C’erano gli altri ministri, anche il presidente della Repubblica. Invece tra il primo e il secondo tempo nel camerino sento uno che grida: ueh dove sei Roy? Che era il nome del mio personaggio. Era il Presidente. Baci e abbracci. Io gli chiesi come mai non fosse andato alla Scala e lui mi disse: macché, lì a rompermi le scatole! Preferisco essere qua da te. Il giorno dopo la notizia uscì su Repubblica. Mi chiamarono tutti... Questo era Berlusconi».

Se dovesse tornare sulla tv generalista oggi che tipo di programma le piacerebbe fare?
«Vorrei fare un programma tipo Mistero di approfondimento sull’ufologia, la ricerca spirituale, la medicina non tradizionale. In tv non ne parla nessuno. A me piacerebbe».