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Le Iene, zio Michele e l'orrore su Sarah Scazzi già morta: "Volevo violentarla, ma..."

Claudio Brigliadori

Partiamo da questo assunto: la tv del dolore piace agli italiani, ancora e sempre. Basterebbe dare un'occhiata ai dati di ascolto de Le Iene: la puntata andata in onda domenica sera ha registrato un ottimo 9,6% di share, con 1,3 milioni di telespettatori in prima serata. Dietro solo alla fiction di Canale 5 La rosa della vendetta (2,567 milioni, 14,4%), quella di Rai 1 Sempre al tuo fianco (2,296 milioni, 13,06%) e Che tempo che fa di Fabio Fazio sul Nove (1,986 milioni, 10,1%). Il piatto forte della trasmissione di Italia 1 era la strombazzatissima intervista esclusiva a Michele Misseri, il protagonista di una delle vicende più agghiaccianti della cronaca nera italiana degli ultimi 20 anni: l'omicidio di Sarah Scazzi, il 26 agosto del 2010. Aveva 15 anni, era sua nipote.

I passaggi più pulp dell'intervista del figliol prodigo Alessandro Sortino a "Zio Michele" erano già stati ampiamente anticipati sul web, con titoli talmente eclatanti da sembrare fake news. Ma vedere quelle immagini, direttamente da Avetrana, nella culla dell'orrore familiare, è stato un pugno allo stomaco. Le violenze brutali, le pulsioni animalesche, l'indicibile che muove le mani dello zio sul corpo della ragazzina. E poi gli occhi dell'uomo, oggi 69enne, che dopo aver scontato 8 anni in carcere (per concorso in soppressione di cadavere, non per omicidio) è di nuovo libero e tenta quasi disperatamente di sviare i sospetti e i dubbi che ancora molti nutrono sulla sua effettiva colpevolezza. La domanda non è cambiata: è davvero questo contadino il mostro o sta coprendo qualcuno? E lui eccolo, ad auto-accusarsi di nuovo, davanti a un microfono, fino a gettarsi nell'abisso. Le telecamere che indugiano sui campi assolati e desolati della campagna salentina, scavano nella manciata di villette dove Misseri, le sue figlie Sabrina e Valentina e l'amata cuginetta Sarah vivevano, immerse nella noia della provincia remota del Sud e in apparentemente innocui triangoli sentimentali adolescenziali. E poi entrano nel garage dove si sarebbe consumata l'aggressione sessuale, trasformato oggi in un osceno simulacro, un santuario laico in cui campeggiano la foto della vittima-bambina e le icone mariane della Madonna. Il tutto sotto gli occhi umidi, commossi, dell'uomo considerato carnefice da molti, ma non dai giudici che invece hanno dato l’ergastolo a Sabrina e a sua madre Cosima Serrano.

La versione di Misseri più che fattuale, è umorale, emotiva, sentimentale. Si alternano un apparente dolore per quanto accaduto 14 anni fa e il lucido resoconto di quell'ultimo agguato, quasi ne fosse stato il testimone e non il protagonista. Balbetta, piagnucola, si fa freddo e glaciale, finisce per contraddirsi. E lo spettatore, catturato dal racconto, a volte non riesce a capire se e dove finisca la verità e inizi l'inganno.

"Sono io l’assassino di Sarah. Non mi credono perché mi hanno fatto cambiare le versioni, non le ho cambiate io, me le hanno fatte cambiare", continua a ripetere Michele. Tutto sarebbe nato da un trauma tremendo: "Quando avevo 6 anni mio padre mi portò in una masseria a fare il pastorello. Lì mi hanno violentato. Non l'ho mai detto a nessuno. E se l'avessi fatto sarebbe stato peggio. Erano due, padre e figlio, e io avevo circa sei anni. Mio padre non mi ha mai difeso perché io non potevo parlare, ma aveva capito qualcosa perché ci lavava le mutandine e vedeva. Neanche mia moglie e le mie figlie lo sapevano". "Per mia figlia Valentina sono un assassino e anche un pedofilo", si lamenta con Sortino, non facendo nulla però per allontanare l'accusa. Anzi.

Prima nega la violenza su Sarah, alludendo persino alla sua verginità: "L'ho detto perché tanto dovevo comunque andare in carcere. Se la ragazza non era apposto... Mi sono fatto carico anche di quello, non sapendo se la ragazza aveva avuto o meno altri rapporti sessuali". Poi cambia versione. Porta l'inviato sul pozzo dove ha gettato il corpo, l'albero di fico diventato tomba. Quindi torna nel garage, dove "l'anima di Sarah è ancora imprigionata". E a quel 26 agosto, con il trattore rotto e il mal di testa fin dalla mattina. A pranzo arriva la 15enne, vestita diversa dal solito, da donna. Allora "ho allungato la mano e l'ho presa dalle spalle, mi ha dato un calcio da dietro e mi è salito un calore. Forse voleva scappare e io ho preso la corda. Volevo violentare Sarah ma non sono riuscito. Avevo allungato le mani qui nel garage, volevo continuare ma poi non l'ho più fatto. Sotto il fico l'ho spogliata ma poi non l'ho fatto più e l'ho rivestita. Erano due anni che non avevo rapporti sessuali con mia moglie, io dormivo nella sdraio, lei nel letto matrimoniale. Questa è la verità. Speriamo che Sarah vada in pace, per sempre".