L'intervista

Lucia Mascino e la casta del cinema italiano: "Recitano sempre gli stessi"

Daniele Priori

Teatro, cinema e televisione devono allearsi in nome del talento degli attori. Per aprire un mondo che, in Italia, è ancora troppo chiuso.  «In Francia abbiamo assistito al successo di Anatomia di una caduta, un film nel quale la regista Triet ha voluto una precisa attrice Sandra Huller, lontana dallo starsystem. In Italia questo non sarebbe stato possibile. Lavorano sempre i soliti nomi noti che tra l’altro vengono spremuti e perdono la fame, mentre agli altri non vengono date possibilità».

Ne è convinta Lucia Mascino, attrice teatrale di assoluto spessore, particolarmente amata dal grande pubblico per il suo ruolo da coprotagonista con Filippo Timi - che Lucia definisce “un fratello d’anima” de I delitti del BarLume, serie televisiva da undici anni in onda su Sky che a gennaio del 2025 andrà nuovamente in onda con gli episodi della dodicesima stagione in cui tornerà a vestire gli abiti della commissaria di polizia, Vittoria Fusco.

 

 

 

Quest’estate, però, Lucia Mascino è tra i protagonisti del Ginesio Fest, l’importante rassegna dedicata “all’Arte dell’Attore”, diretta da Leonardo Lidi, che nell’edizione iniziata domenica nel borgo marchigiano di San Ginesio, Macerata, che premierà due volti simbolo della commistione tra scene: Vanessa Scalera e Giuseppe Battiston, «un attore e un’attrice ai quali si riconosce una passione e una perseveranza oltre che un talento assoluti. Abbiamo scelto attori con percorsi vari».

Un percorso, Lucia, che in qualche modo è anche il suo...

«Sì. Io per dieci anni ho fatto solo teatro ma non l’ho considerato un trampolino per puntare poi ad altro. Me ne sono innamorata fino a quando, a 27 anni, ho scoperto anche il mondo del cinema e ho detto: Dio che bello! Nel mio caso è avvenuto in seguito a degli incontri ma quello dell’attore è un percorso oggettivamente complicato e bisogna non mollare mai. Io sono molto contenta di aver avuto modo di esprimermi in questi tre linguaggi: teatro, cinema e tv che sono molto diversi tra loro».

Lei ha parlato di incontri fondamentali nella sua carriera. Quali sono stati?

«Sicuramente Filippo Timi che è anche un autore e un regista oltre che un grande attore. Oltre lui Giancarlo Cobelli, Piera Degli Esposti, la scrittrice Lucia Calamaro che porto a San Ginesio con il monologo Smarrimento (che Mascino reciterà venerdì 23 agosto al Chiostro S.Agostino ndr), Roan Johnson per I delitti del BarLume, Ivan Cotroneo, Francesca Comencini e non posso dimenticare neppure Roberto Herlitzka (scomparso nelle scorse settimane ndr) Sono stata così fortunata ad aver recitato con lui nel film Il rosso e il blu, grazie al regista Giusepe Piccioni che mi scelse per il ruolo di una ex studentessa innamorata di lui che era stato il suo professore».

Lei nel monologo racconterà lo smarrimento di una scrittrice. Se ne può dare anche una lettura traslata dentro il mondo degli attori?

«Certamente. È questo che intendo quando parlo di incontrigiusti. In passato mi è capitato di trovarmi dentro alcuni spettacoli e pensare di voler cambiare vita e mestiere. Nelle scuole di teatro e di cinema dovrebbero fare dei corsi di resistenza allo sconforto. Anche perché purtroppo il sistema italiano premia sempre le stesse persone e in questo è ingiusto. C’è un popolo di attori che non riesce nemmeno ad arrivare ai provini».

Come si può aprire?

«Fidandosi di più del gusto del pubblico e inseguendo meno il mercato. Vorrei si facesse una battaglia su questo, per rendere il nostro mondo meno spietato»