La recensione
Chuck Palahniuk, la satira horror ha abbattuto il ponte tra abisso e credenza
Where is my mind? Where is my mind? Il brano dei Pixies ha reso immortale la scena finale di Fight Club. Gli attori Edward Norton e Helena Bonham Carter mano nella mano osservano il capitalismo esplodere davanti ai loro occhi. «Mi hai conosciuto in un momento molto strano della mia vita», dice il protagonista della pellicola a Marla Singer. Ma non sono queste le righe dove narrare della dualità di Tyler Durden, ma di quella di suo padre, Chuck Palahniuk, sì. Lo scrittore nato a Pasco, nello Stato di Washington a 300 chilometri da Seattle, nel suo primo romanzo - pubblicato nel 1996 e divenuto film di culto nel 1999 con la regia di David Ficher - ha creato un immaginario figlio del grunge e sfociato in quella generazione che è imperversata all’inizio del duemila nel G8 di Genova. E che sempre a Seattle, tra il 30 novembre e il 4 dicembre 1999, ha visto i Black Bloc lanciarsi, come in uno stage diving, sulla scena del millennium bug. Palahniuk ha tagliato in due il tempo dei due millenni con testi come Survivor, Soffocare, Diary, Cavie, Gang Bang e decine d’altri tomi e racconti. E adesso, in Italia per Mondadori nella collana Strade blu, è tornato in libreria con Non per sempre, ma per ora (312 pp.,19 euro) grazie alla traduzione di Gianni Pannofino. (...)