Netflix

Baby Reindeer, la serie è sfuggita di mano

Andrea Tempestini

La realtà che diventa fiction per poi tornare realtà e superare la fiction. Il risveglio femminista e la scoperta della donna tossica (ne ha parlato su queste pagine Ginevra Leganza). Sfumature di Natural Born Killers, il capolavoro di Oliver Stone: l’attenzione morbosa dei media per il mostro, il mostro che sfrutta i media e il pubblico che insorge in difesa del mostro. Insomma, questa sta diventando una grande storia. La realtà che diventa fiction è Baby Reindeer, sbalorditiva miniserie che da un mese spopola su Netflix (è prima per riproduzioni in 30 Paesi). Racconta della pingue Martha e del calvario a cui costringe Donny: lei è una svitata che costruisce universi immaginari, lui un aspirante comico disadattato, la sua identità sessuale un rebus e un drogatissimo stupro subìto da un autore tv lo fa implodere. Lei perseguita lui, è una stalker (eccoli, risveglio femminista e donna tossica): 41mila email, 744 tweet, 305 ore di vocali, 106 lettere, appostamenti al bar e alla fermata del bus, le molestie (vere) e le aggressioni a Teri, la (vera) compagna di lui.

Donny, in una certa misura lusingato, ci mette sei mesi per denunciarla. Quando gli chiedono perché non lo ha fatto prima, ecco, non sa rispondere. La fiction torna realtà perché Baby Reindeer è autobiografico: è il racconto dei quattro anni da perseguitato di Richard Gadd, regista della serie. Anche lui comico e scozzese, Gadd ha usato la macchina da presa come processo catartico. «Questa è una storia vera». Ma il successo si fa ipertrofico, inizia la caccia alla vera Martha e lui supplica di interromperla, «per favore basta. Non è questo lo scopo dello spettacolo». Ma figurarsi, non è poi difficile trovare la vera Martha, anche perché quando il cerchio è ormai strettissimo lei esce allo scoperto. E qui la realtà supera la fiction: «La vittima sono io». «Non lo ho perseguitato». «Una grave intrusione nella mia privacy». «Gadd è uno psicotico». «Gadd è un comico fallito e ha deciso di fare soldi venendo la storia». «Ha bisogno di aiuto». «Martha non posso essere io». Non benissimo, insomma. La vera Martha (che fino ad ora parla ai media sotto anonimato) replica lo schema narrato nella fiction: frasi martellanti, ossessive, un crescendo di aggressività. Ma fa ancor peggio. Stephen King paragona Baby Reindeer al suo celebre romanzo Misery. Parla della serie come «una delle migliori cose che abbia mai visto. Santo cielo!». La vera Martha non apprezza, irrompe sul profilo Facebook dello scrittore (proprio come nella serie) e farnetica: «Se questo sciocco Stephen ding dong King prova a farne un film horror, lo querelo». «Baby Reindeer è l'ultimo disperato tentativo di Gadd. Patetico. Attenti a ciò che desiderate». Ogni schema è saltato. L’effimera copertura della vera Martha, che proprio come nella fiction non fa nulla per celarsi, è del tutto evaporata.

Resta da scrivere il capitolo Natural Born Killers: metterci la faccia e cavalcare l’onda. Così giovedì sera eccola ospite di Piers Morgan a Uncensored, show di culto nel Regno Unito. La vera Martha si chiama Fiona Harvey, ha 48 anni, anche lei è scozzese, anche lei ha tentato la carriera da avvocato e anche lei è pingue. Un’intervista magnetica e inquietante. Nega tutto, minaccia querele anche a Netflix, «ma ci sono molte altre persone da denunciare». Il punto è che a Fiona, proprio come a Martha, sembra mancare un venerdì. Poi altri insulti a Gadd: «Le email? Le ha inventate lui stesso, gliene ho mandate meno di dieci», perché sì, ammette di averlo frequentato una decina di anni fa «ma per poco, poi gli ho detto di lasciarmi in pace». La serie la ha vista? «Niente affatto». Ah. Eppure «è tutto osceno, terrificante, misogino». Chiude con un appello al regista: «Lasciami in pace. Fatti una vita, trova un lavoro decente».

Cala il sipario. E il pubblico insorge in difesa del “mostro”. «Da Piers Morgan una delle interviste più immorali di sempre», questo il sunto dello sdegno che monta sui social, ma soprattutto su giornali, radio e tv. La vera Martha, pur picchiatella, passa all’incasso, cavalca l’onda e i media ci sguazzano. In attesa del prossimo capitolo di una storia che forse sta sfuggendo di mano.