La rivelazione
Di Martedì, Barbero: "Mio nonno fascista è stato fucilato dai partigiani"
Il 25 aprile si avvicina e, come ogni anno, si scatena il dibattito tra antifascisti e nostalgici del ventennio, ognuno con teorie opposte all’altro. In una recente intervista, il ministro per le Politiche agricole, Francesco Lollobrigida, ha detto che “il termine antifascismo è troppo generico e purtroppo ha portato in tanti anni a tanti morti”. Su queste dichiarazioni e su questo tema si discute a DiMartedì, il talk di approfondimento politico e sociale di La7, condotto da Giovanni Floris.
Tra gli ospiti, c’è il famoso scrittore e storico Alessandro Barbero, che si oppone con forza: “Il problema di quella parte d'Italia che ha continuato a insegnare ai bambini in casa che la resistenza è stata fatta da criminali è che, effettivamente, come tanti italiani stava dall'altra parte. Tanti italiani hanno sofferto nella guerra partigiana, tanti italiani si son sentiti sconfitti e questo è un dato di fatto. Ma in ogni guerra – spiega Barbero - c'è chi vince e c'è chi è sconfitto e ci sono guerre in cui non è così evidente chi sta dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. La tragedia dell'Italia – prosegue lo storico - è proprio che c'è questa difficoltà di andare al di là della propria memoria, la memoria di tante famiglie. Io ho due nonni fascisti e uno è stato fucilato dai partigiani, però, con tutto il dolore che la mia famiglia ha provato per questo e forse perché faccio lo storico, so che la memoria da sola non basta. Già, perché ognuno ha la sua e bisogna andare più in là e arrivare alla storia, il che vuol dire che io capisco il tuo punto di vista, però anche tu non puoi restare chiuso dentro questa cosa".
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Perché, allora, c'è il dibattito sull'antifascismo? Barbero la spiega così: “Dipende da dove si è cresciuti, in quale famiglia, in quale pezzo d'Italia. C'è un pezzo d'Italia dove ormai, da 3 generazioni, ai bambini s'insegna che il regime ha fatto anche cose buone e che invece i partigiani erano degli scavezzacollo o peggio, dei ladri di galline o magari dei criminali e che quindi non c'è nessun motivo di festeggiare il 25 aprile, una parte d'Italia è rimasta così. Che oggi, quasi un secolo dopo, sia così difficile dire 'ragazzi dai ammettiamolo, c'era una parte giusta e una parte sbagliata, non c'è mai stata una guerra in cui fosse così evidente’ è inquietante. Conseguenze pericolose e negative per chi poi va al governo – continua la sua analisi storica Barbero - ci sono, non tanto perché rischiamo di essere messi di nuovo tutti in camicia nera a marciare, non credo che rischiamo di avere un governo che invaderà di nuovo l'Etiopia e dichiarerà guerra agli Stati Uniti come fece Mussolini, anzi mi sentirei proprio di escluderlo. I simboli, però, sono importanti. Se noi oggi siamo ancora qui, in un Paese che continua a spaccarsi tra chi sta con i partigiani e chi sta con i fascisti, vuol dire che queste non sono cose superficiali, ma radicate profondamente nell'identità italiana. Il fatto che chi sta al governo, e dovrebbe aver giurato su una costituzione antifascista, invece faccia così fatica a dirsi antifascista, il che vuol dire che sei fascista, perché o l'uno o l'altro, beh questa mi sembra una cosa inquietante”.