Chiagne e fotte
Fabio Fazio deraglia: "Non sono un martire", poi però attacca Salvini e Meloni
Fabio Fazio ha aggiornato l’arte mondana della sofistica, creando un genere tutto suo. Potete chiamarlo martirio felpato, vittimismo trattenuto, lamentela reticente. Fatto sta che non troverete mai un appiglio evidente, incontestabile, per dire che Fazio sta affermando di essere stato cacciato dalla Rai dal nuovo fascismo (anzitutto, per un motivo non del tutto secondario: non è andata così). Ogni volta che lo ascoltate o lo leggete, tuttavia, siete sempre avvolti da una melassa stoicamente allusiva, per cui alla fine non potrete che annuire: che signore, lui non lo dice, ma lo hanno proprio fatto fuori. Che era esattamente l’effetto che il nostro voleva fin dall’inizio.
Non fa eccezione rispetto a questo canovaccio l’intervista rilasciata ieri sul Corriere della Sera ad Aldo Cazzullo, che anzi contiene vere e proprie perle di Faziosismo. «Non dirò mai nulla contro la Rai, dopo tanto tempo passato non a mangiare nel piatto ma a cucinare quel piatto» (e intanto ha instillato l’idea che sarebbe normale dire qualcosa contro, e che è la tv di Stato a dovere qualcosa a lui, non viceversa). «È chiaro che questo lavoro si fa se si è voluti, e se si è utili» (dai che te lo sto dando, il titolo contro il governo epuratore, se vuoi capire capisci). «Mi trovi una sola affermazione in cui faccio il martire. Ho detto che vado in un’azienda in cui mi sento benvoluto, a fare un lavoro ben pagato. E ho semplicemente raccontato come sono andate le cose».
RETORICA - La cifra del Faziosismo è la preterizione, quella figura retorica con la quale si simula di non voler dire nulla proprio della cosa che si vuole dire più di tutte («Non me ne parlare, di questi bavosi manganellatori...»). La quale diventa ritrosia esplicita di fronte a quel genere di domande che davvero non è educato rivolgere a un martire-non martire, tipo «Ben pagato quanto?»: «L’aspetto meraviglioso di lavorare nel privato è poter rispondere a questa domanda: fatti miei».
Certo, «mi hanno sempre chiesto quanto guadagnavo in Rai, non mi hanno mai chiesto quanto ho fatto guadagnare alla Rai», ma io la butto lì, non sto recriminando. Cazzullo ormai si diverte, a tentare di sfondare il muro di gelatina affabulatoria, e provoca espressamente: «Belli Ciao, vi ha salutati Salvini». «Ha firmato l’uscita», risponde serafico Fazio, ma non sta facendo il martire, quasi non vorrebbe dirlo, è quello che l’ha firmata. Anche sulla premier, lui davvero preferirebbe non esternare, coltiva un rigore aideologico monacale: «Nulla di peggio dei conduttori tv che parlano di politica».
È che Cazzullo gliela ripete due volte, la domanda, puro giornalismo d’assalto, è con le spalle al muro, a malincuore deve pubblicizzare la stroncatura, ovviamente apparentemente morbida, ovviamente col veleno in coda: «Ha fatto quello che pensavo facesse. Non potendo fare granché, sta dedicando molta attenzione a battaglie identitarie, nessuna delle quali mi sembra accettabile». Elly, invece, poverina, «ci sta provando, in una situazione complicata. Temo che la strada sia molto lunga e irta di difficoltà».
INSINUAZIONI - Lui “teme” che la segretaria del Pd non ce la faccia, ma nessuno s’azzardi a insinuare che sia vicino alla Ditta: «Se fossi organico al Pd sicuramente sarei ancora in Rai». Qui il retore un po’ s’incarta, perché sembra proprio suggerire che la penetrazione dem nel servizio pubblico sia tale da perdurare anche quando il partito è all’opposizione, perfino come se da quelli parti fosse andata in scena negli ultimi lustri qualcosa come un’egemonia di sinistra. Poco dopo, però, si ricorda che deve dipingere un quadro a tinte nero-fosche (sempre evocate, per carità), e quindi passa a constatare sconsolato come col governo di destra «in Rai, ma onestamente più in generale nel Paese, si ha l'impressione che si sia abdicato all'idea di ciò che sempre è stato considerato pubblico, trasformandolo in governativo». Cazzullo non può proprio esimersi dall’osservare che «in Rai si è sempre fatto così» (come riconosce chiunque non provenga da Plutone, o dal salotto di Che tempo che fa). E qui il sofista ha un colpo di reni: «Non lo so, ma so che la tv si è sempre fatta aggiungendo, mai togliendo. È proprio l'idea in generale di servizio pubblico che trovo molto trasformata, e non vale solo per la tv. È come se ci fosse un premierato di fatto».
Vero, dannazione, i precedenti governi e i precedenti inquilini di Palazzo Chigi scuotevano il capo indignati alla sola idea di occuparsi di Rai, men che meno di cacciare qualcuno (chiedasi per informazioni, tra i tanti, a Nicola Porro). In ogni caso, sappiamo che fremete per saperlo, il suo primo ospite nel nuovo programma su Discovery sarà “Patrick Zaki”. Poco prevedibile, spiazzante, controintuitivo. Come il martirio di Fabio Fazio.