La malattia
Michela Murgia, il dramma e la vergogna della Lucarelli: è subito caciara
Ieri Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano ha messo in fila, legati al palo e fucilati alla schiena, gli “ipocriti” (nel titolo di prima pagina diventano “i viscidi”) che hanno osato inchinarsi davanti a Michela Murgia mentre guarda la morte che la sta pedinando. Costoro mentono di sicuro, succhiano il sangue della scrittrice come vampiri mascherati da chierichetti della buona morte. La prova? L’hanno criticata e persino dileggiata quando, sulla prima pagina di Repubblica e in televisione, aveva tirato cannonate iper-femministe, sventolato l’obbligo di un’ortografia di Stato da futurismo demenziale, infine vilipeso, quasi fosse Pinochet allo stadio delle torture, il generale Figliuolo colpevole di farle paura dato che indossava la divisa degli alpini dirigendo la logistica da commissario anti-Covid.
Non contenti, al Fatto hanno, un po’ come il Corriere della Sera con i presunti putiniani, appeso la fotografia a colori di sei personaggi da forca linciati come portatori finti di compassione, ma in realtà volgari avvelenatori della purezza incontaminata di Michela. A fornire l’elenco è stata per l’appunto Lucarelli, che da seviziatrice di ballerini su Rai 1 si è trasformata in mistica che legge le anime come Padre Pio nel confessionale. Ci domandiamo. È lei l’interprete autentica e autorizzata del pensiero di Michela Murgia? Forse che sì (la scrittrice sarda retwitta costantemente Lucarelli e Roberto Saviano), ma speriamo che no.
Lunedì sera, al teatro Carcano di Milano, la Donna del Momento era intervenuta sulle reazioni, tutte variamente commosse, che la confessione ad Aldo Cazzullo aveva suscitato ovunque ne fosse giunta l’eco, cioè dappertutto. Ha detto: «Non so se comportarmi come postuma o ricordarmi che le voci sulla mia morte sono grandemente esagerate (citazione, questa, di Mark Twain: consiglierei per la prossima volta Woody Allen, ndr). È il diciottesimo “coccodrillo” che leggo di gente che comunque in vita mi ha anche molto odiato e sono turbata, non so come comportarmi. Se non schiatto entro un mese è maleducazione perché si è creata una tale aspettativa...». Diciotto? Pensavo di più. A questo punto sorge un sospetto, che scaccio come fosse la peste. La signora è troppo intelligente e teneramente spericolata per non aver previsto il botto. Viene il dubbio sia stato una sorta di esperimento sociologico. Uno scandalo voluto? Ho ritrovato su Twitter questa risposta a chi propagandava il libro “Sogno una vita senza libri”. Cinguetta @KelleddaMurgia il 20 luglio 2012: «Si chiamano titoli scandalistici. Detesto chili usa, a meno che non sia io :P» (cioè figo). Apparsa sul Corriere della Sera sabato scorso, tremenda e insieme candida, detta e scritta con durezza di diamante, con ritmi da teatro greco, Michela sapeva perfettamente che questa confessione avrebbe stupito e travolto i sentimenti di élite e masse. Era insieme sincera, ma forse aveva pure una mezza intenzione di caricare sé stessa come un’autobomba. Specie con quelle risposte a lei che vede la sua morte nelle proprie viscere ma anche nell’azzurro: «Ho un cancro al quarto stadio, dal rene è arrivato a polmoni, cervello, ossa; il cancro non è maledetto né alieno, il cancro sono io; l’Aldilà sara comunione con gli altri».
E poi, pour épater les bourgeois, improvvisa, ecco la maledizione alla Meloni: «Spero solo di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio». Credo sia stata un’espressione di coerenza tragica e una richiesta di rispetto non lacrimevole alla premier “fascista”. Giorgia ha obbedito con umiltà salendo sul crinale sottile di dolore condiviso e di ironia sofferente. Mi permetto di dire a Lucarelli e, forse, a Murgia. Noi siamo tutti una sola persona. La pietas per la sofferenza dell’avversario di un’ora prima e che ti soffia sto- morendo, non è un modo per dire al-diavolo-le polemiche-del-passato, l’unica cosa seria è quando crepi. Vale tutto. La ricerca onesta e polemica della verità, che talvolta esige parole di pietra e di beffa, e il rispetto dinanzi a chi si trovi a un passo da Qualcosa o Qualcuno. Non è vero che la morte, e il suo odore di bestia o angelo che si avvicina, funzioni come una livella. Non rende sciocche e banali le dispute precedenti, sulla politica e sulla morale. Vivere è questa cosa complicata. Morire sarà più semplice?