l'intervento

Sanremo 2023: Zelensky censurato. E Fedez... esplode lo scandalo in Rai

Francesco Specchia

Immaginatevi la scena. Il direttore dell’Intrattenimento Rai Stefano Coletta, con quell’aria velata d’imbarazzo da gentiluomo d’altri tempi, telefona a Volodymur Zelensky: «Ehm, pronto Vol, posso chiamarti Vol, vero?... Ok Vol, non c’è problema: puoi venire a Sanremo, tanto ti mandiamo in onda a notte inoltrata». «Bene», annuisce Zelensky, tirando un sospiro. «Emh, però, caro Vol c’è un problemimo» aggiunge Coletta «il dottor Fuortes ritiene che dovresti dirci prima il contenuto del tuo messaggio, sai già una volta ci ha fatto casino Fedez...». E il caro Vol, all’inizio mica capisce. Poi con la linea telefonica precaria, tra un rombo di mortaio, un palazzo che cade e la contraerea che dipinge di porpora il cielo contro i droni russi, Vol risponde al timido Coletta con educato spaesamento. Chiedendosi però chi cacchio sia questo Fedez. Fedez. Forse un dissidente moldavo. Mah. Che, tra l’altro, Fedez mica era stato censurato quando sbraitò al concertone del Primo maggio su Raitre.

 

 


IL PARADOSSO DEL TESTO
Ecco, dunque, siamo a questo fantastico paradosso. La Rai, assalita dalla polemiche per l’invito del leader ucraino al Festival di Sanremo, conferma i suoi propositi. Epperò, la stessa Rai viene pure scossa dai dubbi; sicché i consiglieri di amministrazione, ieri già turbati nella polemica della conferma del budget aziendale, pensano bene di confermare «la linea dell’azienda per il sì all’intervento del presidente ucraino, ma chiedono di capire cosa conterrà il messaggio registrato e l’eventuale presenza di prese di posizioni», fa sapere l’agenzia di stampa LaPresse. Che uno poi si chiede: a parte l’ineducazione, ma che cavolo volete che dica Zelensky in un videomessaggio di due minuti? Presumibilmente le stesse cose che ha detto al Festival di Venezia e di Cannes, e ai Golden Globe: «Subiamo un’invasione orribile. L’occidente ci aiuti con le armi, combatteremo fino alla vittoria. Non possiamo subire la dittatura di Putin. Potrebbe toccare a voi...».

 

 


Parole di questo tenore; esattamente quelle che ti aspetteresti da uno Zelensky messo su un palco a denunciare una guerra folle. Dubito che Vol chieda se Madame si sia vaccinata; o perché non ci sia Fiorello tra gli ospiti; o se la canzone di Elodie rispecchi davvero l’evoluzione dell’artista. Eppure, sembra di essere tornati ai tempi dei vax contro no vax ,o dei putiniani contro il resto del mondo: la sola ombra di Zelensky che s’allunghi sulle canzoni e sulle paillettes dell’Ariston diventa elemento diviso del dibattito politico. Tra l’altro, trattasi d’un dibattito di rara trasversalità.

Si va da Casini che battuteggia «Vogliamo mandare anche Putin a Sanremo, in nome della par condicio?» accompagnato dai sostenitori trasversali dell’ucraino Matteo Orfini e Alessandra Moretti, Andrea Vianello e il presidente della Liguria, Giovanni Toti, e Benedetto Della Vedova di +Europa. E si passa ai criticissimi Carlo Freccero, Luigi De Magistris, Franco Cardini, Vauro, e Carlo Calenda inconsuetamente d’accordo con Giuseppe Conte sulla «spettacolarizzazione delle guerra». E,dopo, ecco l’Associazione pubblicitari (pro Zelensky) e l’Associazione Utenti Servizi radiotv (contro). Ed ecco le petizioni contro “la propaganda ucraina” che associazioni alla DuPre fanno precipitare la querelle in pieno surrealismo.
 

CLIMA DA CANZONETTA
Ora, magari la presenza di Zelensky poteva essere evitata, dato il clima di canzonetta della manifestazione di Amadeus. Ma Sanremo è sempre Sanremo. E una dozzina di milioni di spettatori possono perfino far del bene al tambureggiare di un messaggio di pace. Che, però, se accettato, dev’essere mandato in onda senza ispezioni, sulla fiducia. Ci manca solo che ora censuriamo Zelensky su Raiuno. A quello già ci pensa benissimo TeleMosca...