Cuore in mano
Gerry Scotti "disgustato": "L'unica cosa di cui mi pento nella mia carriera"
E' il re dei quiz italiano, il volto più amato di Mediaset. Eppure Gerry Scotti ha ottenuto tutto questo quasi controvoglia, perché il suo sogno era fare "solo" la radio. Ma è un "ragazzo fortunato", che ha vissuto una vita pienissima e senza rimorsi. Tranne uno. Intervistato dal Corriere della Sera, il popolarissimo conduttore ripercorre la sua carriera a partire dall'infanzia e l'adolescenza semplici, vissute però nella Milano-bene: "Andavo al liceo Carducci, ero il più povero ma non mi mancava niente. E conquistavo le mie amiche ricche con le torte di mamma".
Poi la radio, con Cecchetto e Linus. E nel 1987 la svolta: salì sul palco del Festivalbar per la telepromozione delle patatine e il pubblico, che lo ascoltava ogni giorno, esplose in un boato da popstar. Patron Salvetti a quel punto lo convocò seduta stante: "L'anno prossimo lo conduci tu". Un po' come quando Fatma Ruffini, la signora dei palinsesti di Mediaset, lo chiamò e gli impose di passare da DeejayTv al Gioco dei 9, il suo primo quiz, perché era adatto al "formato famiglia". Mai sentenza fu più giusta. "Sono successe molte cose che sembravano perfino a me al di là della mia portata - sintetizza Gerry -. Non mi sentivo all'altezza, non mi sentivo nel ruolo. Non avevo idea, quando sono entrato in quello studio, che per 35 anni sarebbe diventato il mio lavoro, la mia vita e il modo in cui tutti gli italiani mi hanno conosciuto".
Dal punto di vista professionale, ha due rammarichi: "Enzo Garinei, sapendo che il mio mito è Johnny Dorelli, mi chiese di fare un grande Aggiungi un posto a tavola . Mi pareva una cosa enorme e non ho avuto nemmeno il coraggio di rispondergli, non me lo perdono. Un altro grande che si era inventato una cosa per me era Bud Spencer: avrei pagato, anche in quel caso, per accettare ma erano proposte che mi avrebbero portato via mesi, come potevo? Però non ho nulla di cui mi vergogno o che non rifarei". A parte l'avventura in politica.
"Quando ho accettato di essere il candidato dei giovani socialisti di Milano - senza essere iscritto al partito - non pensavo di prendere 10mila voti. Come non pensavo che non mi dessero niente da fare, cosa che mi lasciava sgomento. Se nella mia carriera sento di aver ricevuto molto perché ho dato molto, nella mia esperienza politica ho ricevuto poco perché ho dato poco. Poi, per 10 anni non sono più andato alle assemblee di condominio e non ho più votato. Ero disgustato". Cosa gli resta di quella esperienza? "Mi restano i famosi mille euro di pensione a cui voglio rinunciare: l'ho già detto a tre presidenti del consiglio e lo dirò anche a Giorgia Meloni. Mi suggeriscono di darli in beneficenza: c'ero arrivato. Ma vorrei non essere costretto a ritirarli. Da quando ne parlo sa quanti altri ex onorevoli mi hanno scritto per unirsi a questa idea? Zero".