Signorina Silvani
Anna Mazzamauro e le sconvolgenti parole di Paolo Villaggio: "Ti scelgo come sceglierei un cesso", ciò che non aveva mai detto
Non ditele che ha fatto della bruttezza la chiave del suo successo. Afferma di aver cavalcato l'atipicità. E infatti atipica lo è indubbiamente, Anna Mazzamauro, in questa nostra epoca che inneggia all'immagine patinata (e ritoccata al photoshop anche sui social) quale comunicazione primaria. La incontriamo una sera d'estate, alla prima nazionale del suo monologo, del quale è anche autrice, Com' è ancora umano lei, caro Fantozzi, nel teatro più suggestivo d'Italia, quello di piazza Sant' Agostino, a Borgio Verezzi, che dall'alto della collina domina le milleluci della costa. Il prossimo autunno aprirà la stagione all'Ecoteatro di Milano. Ed è in ansia per il debutto, un test molto importante. Perchè un attore deve sempre provarla, quell'emozione, con umiltà, anche se hai fatto rivivere la Magnani (hanno in comune il nome, il monologo era Magnani Anna, detta Nannarella) e sei stata l'unica a fornire il tuo naso a Cyrano de Bergerac. E afferma categorica: «Onde essere certi di non dare in pasto al pubblico una cagata pazzesca, come direbbe il ragionier Fantozzi». Vi assicuriamo che lo spettacolo non è tale, anzi, non ha una sbavatura, Anna diventa una signorina Silvani che fa rivivere l'uomo e il personaggio, Villaggio e Fantozzi, in una simbiosi irresistibile. E gli episodi più significativi del loro sodalizio vengono rivissuti in scena.
Quarantacinque anni fa, Villaggio la indicò al regista Luciano Salce come la perfetta identificazione della bruttezza. E il truccatore aggiunse di non aver bisogno di intervenire. Questo non le ha mai dato fastidio?
«Mi ha assicurato un grande successo. E mi ha fornito un ideale trampolino di lancio per portare in scena pregi e difetti, anche attraverso le nefandezze della Silvani. Ma rifiuto la definizione di brutta. È riduttivo, volgare, cretino. Come abbiamo già rilevato all'inizio della conversazione,sono atipica».
Ma com' era davvero la Silvani, la donna che aveva fatto innamorare pazzamente Fantozzi?
«Un'autentica str**za. Per la quale non si poteva neppure applicare la giustificazione un tempo usata per le racchie, vale a dire "è bella dentro". E come ogni str**zo non si rendeva neppure contro di esserlo. È quella che sputazza nella scatoletta del rimmel, un gesto che avevo inventato io, sul set, non c'era nel copione».
E Villaggio? Nella vita reale era antipatico come alcuni sostengono?
«Ammorbidisco la teoria. Diciamo che era uno snob. Ma appena un filo. Quando gli chiesi perché dopo tanti anni di lavoro condiviso non ci frequentavamo come amici, lui mi rispose: "Perché io frequento solo persone ricche e famose". Ci trovammo insieme in tv, intervistati da Barbara D'urso, e lei gli chiese come mi aveva scelta. Lui rispose: "Come avrai scelto un cesso". Io ribattei dicendo che gli aveva fatto comodo usarlo, quel cesso. Ciò non intacca quello che Villaggio aveva dentro. Un grande cervello e una vastissima cultura. Nel corso dello spettacolo leggo i suoi racconti».
Gli piacevano le donne. E lui piaceva alle donne anche se non era un bell'uomo?
«Nel mondo del cinema le ragazze, e anche le loro madri, trovano affascinante chiunque sia disponibile a dar loro una spintarella. Succede ancora oggi, anche se non lo dicono per via dell'emancipazione, in base alla quale non si dovrebbe ricorrere a certi vecchi trucchetti. Ma si fa sempre».
E lei quanto ha sedotto, nonostante l'atipicità?
«Diciamo che ho dovuto impiegare anche il cervello, magari leggendo qualche libro più delle altre. Ho amato come tutte. Ho divorziato da un marito e poi ho incontrato il grande amore che purtroppo oggi non c'è più. Ho un rapporto meraviglioso con mia figlia, una manager molto in gamba sempre in giro per il mondo, insieme abbiamo festeggiato il mio onomastico, e sono felice di poter dedicare tutta me stessa al teatro. Non sento gli anni, provo entusiasmi intatti. Mi dà fastidio l'idea della morte, questo sì, eccome, ma come si permette quella di darci della scadenze? Io sto così bene qui, nel mio mondo, perché me ne dovrei andare? A volte penso che vorrei fare come Villaggio, che nel finale dello mio monologo ritrova Fantozzi in una casetta bianca dove è andato ad abitare. Ecco, io vorrei ritrovare la signorina Silvani. Materializzata davanti a me. Perché mi ha seguito come un'ombra per tutta la vita, mi ha regalato la libertà di dire qualsiasi cosa, di diventare un'icona. Lei, sempre al mio fianco come un'ombra, ha fatto saltare i confini tra bellezza e bruttezza. Luoghi comuni».