Mito house

Sandro Murru, dai Blackwood alla Sardegna: "Ho conquistato il mondo con la musica, ma sono rimasto qui per i miei figli"

Leonardo Filomeno

L'orecchio è chirurgico, sempre allenato. Il modo di parlare genuino. I segreti dei suoi dischi si infilano all'improvviso tra nomi e ricordi. Quelli di Sandro Murru 'Kortezman' sono tanti. Con il progetto Blackwood e il singolo Ride On The Rhythm il successo che lo travolge sul finire degli anni '90 è esplosivo. Per Chase, altra sua creatura, il destino è il medesimo. Tanto erano solidi gli arrangiamenti e d'impatto i cantati che a quei ritmi così ruffiani nemmeno ci badavi. C'era bravura nel riadattarli. Chi ascoltava o ballava quei pezzi non li ha dimenticati dopo due mesi. "Portammo a casa tre dischi d'oro con Blackwood, due con Chase, in meno di un anno e mezzo. Ci moltiplicavamo usando stili diversi, senza immettere sul mercato cloni. Non ci fossilizzavamo. Eravamo avanti", sono i suoi ragionamenti. Finito quel magico momento, Sandro si inventa altri progetti house di successo. E diversi suoi singoli a metà anni 2000 fanno il giro del mondo. 

Per chi ama il ritmo, in Sardegna resti un riferimento. 
"Sono tra i dj più famosi dell'isola. Faccio radio dai primi anni '80, forte di radici black, disco, funky. Quella stura e quella percezione che ti danno radio e serate mi hanno sempre aiutato a giocare d'anticipo. Ho capito quando era il tempo andare verso la tribal con The Rumbar e Marascia, quando tornare agli anni '80 con Safeway o Astroboys, quando virare verso la funky house con Porno o Kortezman. Successi come Ride On The Rhythm sono nati da sessioni in salotto, con la chitarra in mano. Il passaggio in studio era successivo. Mi preoccupavo anzitutto di dare alle canzoni un'anima e il miglior vestito. Se vuoi arrivare alle persone non puoi fare il 'topo' da studio".  
Almeno fino al '95, l'Italia vi ignora completamente. 
"Blackwood funzionò soprattutto in Inghilterra. Il suono era house, volutamente 'scuro'. Ogni produzione nasceva nel mio studio, a Cagliari, e veniva ultimata a Roma, nella struttura di Tony Verde, nostro discografico dell'epoca. Il primo singolo come Blackwood fu I Feel You. Quasi sin dall'inizio, la voce fu quella di Taborah Adams. Emanuele Marascia mi aiutava con i computer. Era preparatissimo. Io facevo il musicista, pensavo a suonare e a comporre. Imparai ad usare Cubase in secondo momento. L'intesa con Marascia diventò tale che un brano lo finivamo in pochi giorni. Ad un certo punto, il nostro discografico avvertì l'esigenza di dare un taglio più radiofonico. Semplificai le cose, abbandonando mio malgrado le settime diminuite e quegli accordi funky a cui, da musicista, ero tanto legato. Però mantenni intatta l'anima 'nera' del progetto".
Nel '96 la svolta, con la dritta 'definitiva' di Alba. 
"Gli siamo ancora grati. Ci lanciò lui. La nostra cantante, Taborah Adams, prese un volo da New York per venire a registrare Ride On The Rhythm. Ma non era convinta. 'E' poca roba, in America non piacerà a nessuno, non la canto', fu il suo commento. In qualche modo, la obbligammo, facendole notare l'ingente somma versata per il volo, e soprattutto che fossimo in Italia, e che lei avesse accettato di rappresentare l'immagine del gruppo. Facemmo benissimo. Albertino iniziò a supportare la versione originale, gli piaceva. 'Con un remix andrete ancora più forte', disse. Ci consigliò di affidarlo ad Alex Natale, per fare il salto di qualità. Il 3 febbraio '97 Ride On The Rhythm arrivò al numero uno nelle tre classifiche dance più importanti d’Italia, tra cui la Deejay Parade. Il nostro 'suono' a Radio Deejay interessava. Ci chiesero se avessimo altri progetti. Tony Verde gli presentò Obsession di Chase".
Nell'estate '97 si sentiva all'inverosimile, come nacque? 
"Cindy Wyffels, voce del brano, era venuta in vacanza a Decimomannu, e tramite un'amica era approdata nel nostro studio come turnista. Non era una professionista. Obsession ce l'avevamo nel cassetto da tempo, era destinata ad una voce maschile. Le chiedemmo di interpretarla lo stesso, e mandammo tutto a Tony Verde, che inviò a Radio Deejay il famoso Dat (nel '96 internet era una risorsa rara, ndr). Piacque a tal punto che ci chiesero di costruire attorno a Chase un progetto vero, con una frontwoman da far esibire dal vivo. Cindy allora tornò dagli USA, e abbandonò il suo lavoro in un McDonald's. Grazie a noi, divenne molto famosa in quel periodo in Italia. La versione che tutti conoscono di Obsession fu l'ultima delle quattro che realizzai e prese vita il giorno prima di andare in stampa. Fummo i primi a riprendere la ritmica che Todd Terry aveva utilizzato nel remix di Missing degli EBTG. Quella scelta poi ce la copiarono in molti". 
Durante la stessa estate riportate al successo Blackwood. Con My Love For You e un album. 
"In My Love For You avevamo infarcito una batteria robustissima, il piano dream sulla scia di One and One di Robert Miles e il cantato black. Io ero l'anima 'nera', Marascia voleva essere più house, il discografico più pop. Dopo l'uscita dell'album I Am i rapporti tra la cantante Taborah ed il nostro discografico si incrinarono. Per il singolo Peace dovemmo trovare una sostituta in fretta, e all'inizio era un brano per voce maschile, infatti nel provino la voce era di Marascia. Fummo fortunati nel trovare subito Sheila Horne Brody. Rispetto alla Adams, Sheila aveva più intonazione, era più 'cantante'. In Peace emozionava. Già ai provini, fu magia". 
Sul più bello, anche voi dite addio a quel team discografico. 
"Nelle serate, il nome Blackwood non potevamo utilizzarlo. Attraverso un contratto, Tony Verde ce lo aveva sottratto. Fino al 2002, ho dovuto firmare le mie produzioni con nomi diversi da 'Sandro Murru Kortezman', per via di quei vincoli. Tuttavia, le serate continuarono incessantemente, senza aver bisogno del nome di Blackwood, tanto la mia fama e la mia credibilità come dj erano conclamate. Senz'altro, io e Marascia riuscimmo a dimostrare a Verde che Blackwood e Chase nascevano e morivano con noi. Quei loro pochi tentativi di dare un seguito ai progetti si rivelarono fallimentari".
Facile immaginarvi dei nababbi, avendo venduto montagne di dischi. 
"Più di qualche milione di lire ad uscita li portavamo a casa. Sono serviti a far studiare i miei due figli, a dar linfa economica alla famiglia, a completare il mio studio di registrazione. Senz'altro erano 'spiccioli', i soldi veri, ai tempi d'oro li tenevano i discografici. In Italia era il modus operandi. Anche i nostri, da questo punto di vista, sono stati un po' napoletani (grosso sorriso, ndr)".
Oggi produciamo tanto per etichette straniere, ma i successi veri sono rari.  
"Lo scettro lo abbiamo avuto fino al 2000. Dopo qualche esperimento, iniziai ad essere stufo di sentire canzoni dance in italiano, in stile Gabry Ponte. Per chi di musica se ne intende è stato un momento nauseante. Nel 2002 inventai i Safeway, con un mood dance e house anni '80, e un po' di voglia di ribellione. Peccato che di I'm in love e Fallin' uscirono i remix di Molella e Ponte: me le rovinarono (risata, ndr). Oggi le versioni che tutti ricordano sono le mie. Ci avevo visto lungo". 
La dance con la cassa dritta all'epoca spopolava. Per arrivare in radio oggi si snatura. 
"Siamo partiti dal legno picchiato col bastone. Il tamburo non morirà mai. Riconosco il livello di Dua Lipa sul versante pop dance. Per i club, il filone funky / groove / jackin' house mi fa a sentire a mio agio, ha un gusto maturo. Oggi un disco valido, fatto bene, l'utente medio non è più in grado di riconoscerlo, di recepirlo, bombardato com'è da dischi vuoti, fatti da ragazzini bravi solo con i software musicali. Quando era una variazione dell'hip hop e del rap americano il reggaeton mi piaceva. Gasolina di Daddy Yankee era un pezzo 'cattivo', lasciava il segno".
L'approdo al neomelodico l'ha reso popolare al mondo intero. 
"Ormai i portoricani concepiscono il reggaeton al tavolino, con 3 accordi banali in canzonette stupide, che non mi piacciono. Semplificando le melodie sono entrati nel cuore di tanti, per un effetto déjà vu. I brani sono volutamente elementari, tarati per 30enni da sempre poco vogliosi di immagazzinare giri armonici nuovi. Avendo una mentalità 'ridotta', molto antica, fanno le canzoni come le facevamo noi negli anni '90, ossia 'antiche'. E piacciono. Ciò dimostra che, quanto più i pezzi sono complessi ed elettronici, tanto più si allontanano dal nucleo. Dal concetto di anima".
Cambieresti qualcosa nella tua carriera o ciò che hai fatto basta? 
"Due o tre treni grossi sono passati. Non li ho presi. C'è stato un momento, verso la metà degli anni 2000, in cui mie produzioni come Porno - Music Power sono finite nell'orbita di Data Records, super etichetta di Ministry Of Sound. Suonavo in giro per il mondo, e con il progetto Shamur, in India, vinsi due dischi di platino, entrando nel giro di serate di Bollywood. Si concretizzò la possibilità di produrre musica in Inghilterra, e di guadagnare molto di più con dei dischi importanti, ma decisi di rimanere nella mia isola, a crescere i miei figli. Mi rende felice e ne vado fiero. Anche se so che se fossi andato via sarebbe successo molto altro".