Vergogna

Georgia Luzi, la confessione-choc: "Il collega mi scagliò una sedia addosso, mi ribellai". E la hanno fatta fuori

Vi ricordate Georgia Luzi, da qualche stagione lontana dalla televisione che conta? Bene, è tornata a far parlare di sé per uno sfogo su Instagram, in cui ha raccontato un episodio orribile che ha dovuto subire sul lavoro: quello di un collega che per il "troppo amore" le lanciò una sedia addosso, pur senza riuscire a colpirla. Scrive la Luzi sul social: "C’è chi sceglie il silenzio. E chi decide di esporsi. E ad entrambi va il mio rispetto. Nella mia vita lavorativa ci sono stati periodi in cui ho accettato e subito parole (e non solo) che forse avrei dovuto combattere ancor più energicamente di quanto abbia fatto. Anche se 1 metro e 60 di bionditudine non avrebbe spaventato nessuno. In quel momento… ho scelto di non denunciare almeno pubblicamente (ho continuato a lottare ogni giorno in silenzio, la testa non l’ho mai piegata). Sapevo a cosa sarei andata incontro e ho avuto paura. Paura di perdere il lavoro, di non essere creduta, di essere donna in un mondo di uomini. Perché alle donne che scelgono di dire di “no” vengono fatte le pulci, ne vengono contestati i tempi e i modi (…) e così da vittime passiamo a carnefici", premette. 

 

E ancora: "Queste persone sono le stesse che giustificano la propria condotta (meschina) con il troppo amore che mettono nelle cose che fanno. Il troppo amore… (un po’ come quelli che ti picchiano perché ti amano troppo). Quindi, quelli educati e perbene per far capire quanto ci tengono al proprio lavoro, devono insultare qualcuno. Quindi, vale tutto?! Eh no. Minacce, urla, parolacce non valgono. Arroganza, presunzione, violenza verbale, non valgono. E allora mi viene in mente quando un collega mi lanciò una sedia. E solo per aver espresso il mio parere. Fortunatamente il caro collega aveva sì un ego spropositato, ma anche una mira scarsissima. Mi ribellai… e nel tempo ho pagato le conseguenze anche di quello", conclude la Luzi. Insomma, lascia intendere di essere stata "epurata" per la sua ribellione. Di nomi, però, non ne fa.