Intervista a Libero

Marco Biondi, la storia dei deejay italiani: "Vi dico come stanno la radio e la musica oggi"

Leonardo Filomeno

Perché l'intrattenimento vive una fase di stallo senza precedenti? Come mai gli ultimi veri talenti in circolazione sono sempre quelli di Deejay Television e della MTV di fine anni '90? Per quale motivo il revival impazza e la musica nuova o è troppo triste o è troppo artefatta? Curiosi di conoscere il suo punto di vista, abbiamo posto queste domande a Marco Biondi. Milanese, classe '61, super disponibile, Cecchetto lo definiva "lo speaker giornalista", per sua la preparazione e per la capacità di arrivare al cuore della musica con leggerezza. In onda da 40 anni, su Radio Deejay, con Pop News, ha intervistato miti pop e rock senza tempo. Dopo un periodo a 105, è approdato nella RIN più forte di sempre, con programmi irripetibili come Welcome To The Jungle e Suburbia Chart. Di Virgin Radio, invece, è stato direttore musicale per quasi 10 anni. Anche lontano dai microfoni, è in forma smagliante. 

Lo spettacolo Rock Fun Show e la società Pyramid sono il diesel delle tue giornate? 
"Proprio così, resto un tuttofare. Nell'ultimo periodo a Virgin, ho sofferto la mancanza di vita sociale e di sfoghi artistici, vista la mole di lavoro. Che, tra l'altro, mi ha sempre impedito di avere un programma vero su quelle frequenze. Per questo motivo, avevo chiesto rinforzi. Non sono mai arrivati. Poi, con le persone incaricate dalla nuova proprietà, non ci siamo proprio trovati".
Su cosa, in particolare?  
"Da quanto ho capito, continueranno a fare una radio rock, tarata però sui classici. Questo azzererà il lavoro di scouting internazionale e italiano. Verrà meno il dna di Virgin, un aspetto che ha sempre attratto. Con un colosso come Mediaset alle spalle, e quindi con una maggiore spinta pubblicitaria, che a noi è senz'altro mancata, avranno comunque chance per salire ancora".
Esperimenti come Radio Freccia sono credibili?  
"Senz'altro sono affascinanti. Di certo, non potrà restare nel limbo dell'eterna start up: servirebbero più contenuti e un salto di qualità. Ma i numeri per fare concorrenza a Virgin li ha eccome".
Riferendosi alla programmazione di RTL, Linus ha parlato di "ipermercato della musica", a buon ragione.  
"È la Rai 1 di 10 anni fa. A livello di informazione, viene dopo Radio 24. Hanno speaker che sanno fare i giornalisti. La musica, di cui si dice peste e corna, è solo una parte".
Una parte senz'altro rilevante, hanno pure una casa discografica...  
"C'è chi ha puntato sui big, chi sul marchio. RTL è tra questi. Ha fatto una campagna che li ha segnati. Il risultato è una grande riconoscibilità del brand, ma in effetti, se chiedi ad un ascoltatore chi è in onda, balbetta. Nella radiofonia oggi è tutto basato sul marketing. Il contenuto è diventato una chimera, speaker e presentatori hanno bisogno degli autori, che spesso si imbattono in errori marchiani, talvolta segnalati dall'ospite in studio. Il lato artistico è andato a farsi benedire: col catalogo vai sul sicuro. È questo il tarlo. Vincono personaggi di rottura o con una grossa personalità, come Marco Mazzoli, Giuseppe Cruciani o Marco Galli. La rivoluzione dobbiamo aspettarcela dal basso, dalle locali, a patto che non siano impostate da grande network, come ogni tanto accade (sorride, ndr)". 
Revival e rifacimenti come trampolino di lancio o rilancio per chi ha finito le idee?  
"Se ti ispiri ai Deee-Lite, riporti in vita un mondo fantastico, che è durato poco, ma che ha lasciato il segno. Quel suono, poi, devi farlo tuo, sennò non ha senso. Negli anni '90, con progetti come Mato Grosso o Ava & Stone, che in tanti ricordano con affetto, avevamo sicuramente le nostre fonti di ispirazione. Anche gli Oasis si ispiravano ai Beatles, ma sono diventati gli Oasis. Vince chi mescola gli ingredienti per dar vita a qualcosa di originale. Dobbiamo usare il passato per capire come fare bene nel presente e non ripetere in futuro i vecchi errori".
Perché le radio non hanno più la forza di imporre un disco, un genere, un suono?  
"Perché propongono dischi imbarazzanti. O cataloghi. Tra le eccezioni resta Radio Deejay, che la musica bella la passa tutta. Da sempre. Senza farsi troppe seghe mentali".
C'è stato un momento in cui RIN, musicalmente, l'ha superata.  
"Hai voglia. Il bello è che sia a RIN, con l'elettronica, che a Virgin, col rock, abbiamo osato alla grande. E i risultati sono arrivati. Sempre. Non è vero che dove c'è musica nuova il pubblico scappa, tutte cazzate. Devi saperla proporre, alternandola magari con canzoni note".
La forza più grande di RIN qual è stata?  
"Abbiamo avuto la capacità di rendere ancora più forti alcuni fenomeni musicali. Penso alla House di Welcome To The Jungle e Suburbia Chart. RIN era diventata un'emittente da 2 milioni di ascoltatori. E la chiamavano radio di nicchia (sorride, ndr)". 
Perché quella situazione così forte a un certo punto implose?  
"La nuova proprietà, RCS, si era messa in testa di fare la radio del Corriere della Sera. L'ultimo anno fu doloroso: mi chiesero di abbandonare l'elettronica e di virare sul pop. Mi prese un colpo. Welcome To The Jungle era all'apice del successo, avevamo dato vita ad un movimento House senza precedenti. Portai avanti le loro indicazioni, beccandomi un sacco di insulti dagli ascoltatori. Scendemmo a un milione di ascolti. Sulle ceneri di Rin nacque Play Radio, un esperimento che non ha funzionato, rimpiazzato poi da Virgin".
Reputi quello con David Bowie l'incontro più alto.  
"Il coraggio di cambiare nella vita lo devo a lui. Il suo Hunky Dory ha rivoluzionato la mia adolescenza: nei testi mi ritrovo da sempre. Quando lo intervistai, a Londra, seppe mettermi a mio agio, conscio del suo grande carisma. Aveva un rispetto dei ruoli totale".
Il ricordo di Robbie Williams è toccante.  
"Appena lasciò la band, ebbe i problemi di droga che conosciamo, e proprio all'inizio della sua carriera da solista lo ospitai in Pop News. Durante l'intervista fu carino, come al solito, ma si presentò come se non ci fossimo mai visti prima. Tirai in ballo le vecchie interviste, ma vidi il buio nei suoi occhi. Ebbi la sensazione che quei problemi fossero i veri colpevoli del vuoto memoria, visto che i suoi colleghi, tante volte intervistati, ricordavano con piacere ogni dettaglio dei vecchi colloqui. Capii la situazione, ma restai molto deluso".
Il più antipatico resta Pharrell Williams.  
"Alla prima domanda rispose 'no', alla seconda 'no', alla terza 'sì, alla quarta ancora 'no'. Stavo per mandarlo a quel paese. Dagli sguardi capì che doveva cambiare atteggiamento, e alla fine un po' si sciolse. Fu odioso ed arrogante. Magari col tempo avrà capito che il suo lavoro qualche intervista la prevede".
Vasco e Liga hai provato a farli incontrare, invano.  
"Appena mi mossi per capire come stessero le cose, lasciai perdere. Credo proprio che la storia della diatriba sia vera. Abbiamo 4 talenti indiscussi come Vasco Rossi, Ligabue, Litfiba e i Negrita che mai hanno collaborato tra loro: perché? Ci saranno motivazioni personali, ma lo trovo stupido ed insensato". 
Hai detto: "In Italia ci sono band valide, ma la fase compositiva è carente".  
"Mi piace aiutare i giovani, far crescere i loro brani. Se lavori sulla scrittura musicale e del testo, il salto lo fai. Gli elogi su Facebook non bastano. Ho preso la direzione artistica dei RHumornero e del giovanissimo Alfònso, ne prenderò altre. Il grande rock lo suoniamo in Rock Fun Show, spettacolo che presento con PF Colombi nei locali in giro per l'Italia. Con Pyramid realizzo invece web radio e radio in store per aziende".
Qualche rimpianto ce l'hai?  
"Quando ero a Play, Angelo De Robertis, direttore di 105, mi fece delle proposte che non prevedevano la messa in onda, ma erano comunque molto interessanti. Non ero a conoscenza del fatto che Play stesse andando male, e mi stavo divertendo. Col senno di poi, avrei dovuto accettare".
Ti risentiremo presto in onda?  
"Ho passato gli ultimi tempi a Virgin a dire 'no' a tante offerte interessanti, perché preso dalla direzione. Sono giunto alla conclusione che dopo una carriera nelle radio in cui ho sempre sognato di lavorare non posso permettermi di star dietro a proposte vaghe. Le idee su cosa fare, oggi, sono chiarissime. Attendo il progetto concreto, che gratifichi me e la gente che mi segue. Con la certezza che più di tanto non si farà aspettare".